
IL POPOLO
Fondato nel 1923 da Giuseppe Donati

C’è un quadro politico generale nel paese che allarma sempre di più la società civile i corpi intermedi e il mondo dell’imprenditoria. Ed è evidente soprattutto nel crescente clima da resa dei conti - come si fosse già in piena campagna elettorale - con tanto di duelli verbali, ora con rappresentanti delle opposizioni, ora con organismi sindacali, ora con singoli cittadini, senza alcun risparmio dei colpi bassi, nel palese obiettivo di mettere all’angolo ogni avversario politico.
Siamo al limite del tempo massimo consentito per l’eventuale raccolta delle firme per una lista unitaria dell’area politica cattolica: democratica, liberale e cristiano sociale, necessarie per poter partecipare autonomamente alle prossime elezioni europee. La possibilità offerta dalla legge elettorale proporzionale che regola il voto europeo dovrebbe suggerire il buon senso e permetterci di superare le suicide divisioni che hanno caratterizzato la lunga stagione della diaspora, tutt’ora in atto. Interessante e fuori dagli schemi consueti la proposta della DC di Cuffaro di una lista unitaria dei “Liberi e Forti”...
Considerato che si voterà per l’elezione del nuovo parlamento europeo, sarebbe corretto chiarire agli elettori e alle elettrici a quali aree politiche ci si intende collegare dopo il voto. Se a sinistra sembra scontato che i diversi partiti di quest’area faranno tutti riferimento a livello europeo al PSE, assai più frastagliata è la situazione dei partiti che, a diverso titolo, si dichiarano “al centro” della politica italiana. Cuffaro ha rilanciato ipotizzando la lista dei “Liberi e Forti”, un progetto interessante che andrebbe seriamente discusso se, come da qualche tempo anche gli amici di Iniziativa Popolare perseguono, fosse lo strumento per un primo passo di ricomposizione politica dell’area cattolica, unita nella prospettiva del sostegno al PPE e, strategicamente orientata a realizzare analoghe convergenze alle prossime elezioni comunali, provinciali e regionali, sino alle future elezioni politiche.
Nonostante i molti tentativi sin qui compiuti per la ricomposizione politica dell’area cattolica, alla vigilia delle prossime elezioni europee, gli ex DC e Popolari si dividono tra chi cerca una facile candidatura in una lista di destra o di sinistra e chi, come Iniziativa Popolare, sollecita una lista unitaria dei cattolici, raccogliendo insieme le firme necessarie per la sua presentazione. Se l’obiettivo principale fosse quello di inviare qualche rappresentante al parlamento europeo, la scelta più facile dell’inserimento in una delle liste d’area, sarebbe comprensibile.
Ci sono innumerevoli ragioni per non fare inaridire la spinta e creare i migliori presupposti per una riunificazione dell’area democristiana. La principale è la politica di questo governo Meloni che ci nasconde sempre meno l’idea di fondo che sottende al disegno che vuole mettere in campo in questa legislatura. È un’idea che non ha nulla a che fare con un modello di destra moderna. Anzi, man mano che si dipanano i tanti provvedimenti securitari che si mettono in campo in risposta ad una orchestrata scenografia della paura, che le destre, in una perenne campagna elettorale, continuano a montare, viene a disvelarsi la natura reazionaria e autoritaria di questo esecutivo che sta totalmente esautorando il Parlamento dalla naturale e concreta funzione normativa.
Il segretario nazionale della DC, Totò Cuffaro ha replicato alle dichiarazioni dell’On. Maurizio Gasparri. Il vice presidente del Senato Gasparri, a margine della convention di Forza Italia tenuta l’altro ieri a Taormina, nel messinese, su un eventuale accordo con la Dc, aveva dichiarato: “Lo vedranno in Sicilia i nostri dirigenti”.
È in atto un gigantesco rimescolamento di carte sul piano mondiale, favorito dalla globalizzazione. L’egemonia americana (genericamente definita “occidentale”) è contestata sia dalla Russia e dalla Cina sia dalle nuove potenze che sono emerse dopo la decolonizzazione. Non a caso Putin ha teorizzato un nuovo assetto mondiale, definito “multipolare”, nel quale un limitato numero di grandi Paesi avrebbero delle zone d’influenza riservate, relegando gli Stati Uniti al ruolo di potenza regionale.
In una recente intervista il leader nazionale della Democrazia Cristiana, Totò Cuffaro ha dichiarato: Il centro “è uno spazio politico, non geometrico. Con questa parola penso a quell’area dove si è più propensi a essere popolari piuttosto che populisti, democratici piuttosto che sovranisti. Il centro ha il compito di custodire i valori moderati, come quelli espressi dalla dottrina sociale della Chiesa”.
La striscia di Gaza è un territorio di 365 kmq con una popolazione di poco più di 2 milioni di persone, di cui l’80% ha un reddito medio pro capite di 2 dollari al giorno e che per il 70% è composta da profughi palestinesi. Un territorio, quindi, poverissimo, anche per contingenze belliche, che vive solo grazie agli aiuti internazionali. Geograficamente, questo territorio è separato dagli altri governati dall’Autorità palestinese e confina solo con Israele e l’Egitto. A seguito dell’armistizio del 1949 tra Egitto e Israele, Gaza fu amministrata dagli Egiziani prima e poi da Israele per ventisei anni con l’insediamento di ben ventuno fattorie o kibbutz che davano da mangiare a circa ventimila Palestinesi grazie all’attività svolta nel settore agricolo, con le coltivazioni in serra e così via. Quando Israele abbandonò la striscia di Gaza, i Palestinesi distrussero tutto.
Questa è l’ennesima guerra di un mondo impazzito. Non si può più tenerne il conto: Ucraina, Nagorno-Karabach, Sudan, Taiwan, Mali, Palestina. Un lungo e parziale elenco dell’impotenza della ragione e del regno della cieca violenza. Fra guerre, operazioni speciali, rivolte, eccidi etnici o religiosi, massacri, una scia di sangue quasi sempre innocente avvolge il nostro mondo come un nodo mortale alla gola. Ciò che è avvenuto tra Israele e la striscia di Gaza lascia stupefatti. Eppure, è dal 1948 che i Palestinesi sono in guerra contro gli Israeliani. Non dovrebbe stupirci più di tanto. Stupiscono, invece, l’audacia e l’organizzazione dell’impresa di Hamas, da un canto, e la totale sorpresa da parte israeliana.