
IL POPOLO
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Il 19 agosto 2024, 70.mo anniversario del ritorno alla Casa del Padre del servo di Dio Alcide De Gasperi ha segnato una tappa importante. Il Vice Gerente del Vicariato di Roma, l’arcivescovo Baldassarre Reina ha celebrato la messa di suffragio nella basilica di San Lorenzo al Verano in Roma e ha annunciato: «Siamo consapevoli che la celebrazione di quest’anno assume un significato particolare poiché si sta per chiudere la fase diocesana del processo di beatificazione; la raccolta e lo studio delle testimonianze e degli scritti del presidente De Gasperi danno forma a una esemplarità di vita a tutto tondo in cui spiritualità, impegno politico, visione del futuro e servizio alla chiesa si intrecciano in una sintesi davvero evangelica che non è soltanto pratica di fede ma dimensione autentica di essa». La notizia ci riempie di gioia anche perché ne eravamo all’oscuro.
Per la Lectio Degasperiana 2024 la Fondazione ha chiamato il trentino Ivan Maffeis, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, a riflettere sul carattere profetico della figura di Alcide De Gasperi. Una Lectio degasperiana dai risvolti originali, in cui l’analisi storica incontra le suggestioni della sapienza biblica nel delineare il carattere quasi profetico dell’esperienza degasperiana. Con passo sicuro, attraverso sentieri mai battuti prima e coinvolgendo tutte le forze antifasciste e democratiche, De Gasperi ha guidato il Paese verso una nuova stagione della democrazia. Il senso della profezia degasperiana
Il senatore Renzo Gubert intende portare il proprio contributo in merito ad alcune questioni riguardanti Rocco Buttiglione e il CDU, essendo stato uno degli attori del processo considerato.
L'A. auspica che la breve rilettura su cruciali passaggi della storia della DC e delle politiche di quegli anni contribuisca a rendere meno attendibili certe visioni del pensiero sociale cristiano, che - secondo lo stesso A. - non è una summa di dogmi da applicare ma un patrimonio valoriale che mette al centro la visione umanistica della persona. Pensiero sociale Cristiano che, in politica, deve essere declinato nel rispetto del principio di laicità che lo stesso Sturzo amava ripetere. Del resto non avremmo motivo di dubitarne, se è il Papa il primo ad invitare i politici a calarsi nelle realtà concrete nel tentativo di dare risposte e soluzioni, mai dogmatiche, ma sempre umanizzate.
Vi è una giusta indignazione e una giusta rabbia. Queste lo sono quando si pongono contro ad una violenza o ad una ingiustizia ... e se vi è una cosa, oggi, che mi fa indignare è il fatto che gli atei vogliono dire ai cattolici cosa debbano pensare… e ancor più quando si dà loro credito. Le olimpiadi sono iniziate in Francia con una cerimonia di apertura che molti hanno identificato come una parodia blasfema dell’ultima cena. Ma l’agenzia ANSA riferisce che Thomas Jolly, l’ideatore dell’ “opera” ha negato: "non mi sono ispirato all'Ultima Cena, era una festa con Dioniso, un rito pagano" .
La Chiesa come cantiere per la pace. Con queste parole e questo impegno, il cardinale Matteo Zuppi a Cassano Ionio ha ricevuto il premio intitolato a Giorno La Pira, che gli è stato conferito dal Centro studi dedicato proprio al "sindaco santo". Momenti toccanti nella cattedrale dove è stato il vescovo, monsignor Savino, a consegnare il riconoscimento al presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Il premio viene assegnato a personalità che si sono contraddistinte per il perseguimento del bene comune nel solco dell’opera e dell’azione del “sindaco santo” di Firenze.
Improvvisa è stata data la notizia, che ha fatto eco, anche in Aula, a Montecitorio, della morte dell’On Publio Fiori, eminente rappresentante della Democrazia Cristiana e figura di rilievo di una classe politica competente e leale. Fu parlamentare per diverse legislature ed eletto anche vice presidente della Camera. Il suo obiettivo, anche quando finì inopinatamente l’esperienza democristiana, fu quello di mantenere vivi i valori del mondo cattolico democratico. (vedi anche la scheda nella sezione POLITICA di questo Giornale tra i "grandi" della DC )
Democrazia. Parola di uso comune, anche nella sua declinazione come aggettivo. È ampiamente diffusa. Suggerisce un valore. Le dittature del Novecento l’hanno identificata come un nemico da battere. Gli uomini liberi ne hanno fatto una bandiera. Insieme una conquista e una speranza che, a volte, si cerca, in modo spregiudicato, di mortificare ponendone il nome a sostegno di tesi di parte. Non vi è dibattito in cui non venga invocata a conforto della posizione propria. Un tessuto che gli avversari della democrazia pretenderebbero logoro. L’interpretazione che si dà di questo ordito essenziale della nostra vita appare talora strumentale, non assunto in misura sufficiente come base di rispetto reciproco.
E' il testo della relazione che Lucio D'Ubaldo, direttore de Il Domani d'Italia ha tenuto il 4 giugno presso l’Istituto Sturzo nell’incontro promosso dall’Ufficio “Pastorale sociale, del lavoro e cura del creato” del Vicariato. In una dotta ed esaustiva esposizione l'Autore ha tratto il tema della libertà come cuore della democrazia. E scrive: "Ce ne ricordiamo a fatica per uno strano sortilegio. Un po’ sembra scontato ma un po’ sorprende, visto che la questione in sé contempla la difficoltà di una sfida, specie nelle fasi di cambiamento. La libertà non è un fatto bensì una conquista, ovvero una sollecitazione intellettuale e morale interna al dinamismo che anima la coscienza dell’uomo, determinandone l’azione nel mondo".
Questa nota a margine della recente Direzione politica del partito non può in premessa che apprezzare, in primo luogo, le buone intenzioni che pervadono in ciascuno di noi nello sforzo teso a prefigurare obiettivi generali di lungo periodo( a poco invece oggi servono decaloghi e manifesti, se non si scava al fondo delle questioni). Del resto nessuno di noi disconosce questa precipua peculiarità che anima da sempre il nostro dibattito alla ricerca delle migliori convergenze su ogni prospettiva che potrebbe aprire spazi inediti al partito. C’è però un dato che mi preoccupa da tempo, ossia il comune modo di intendere lo Statuto, da parte di questa dirigenza, in modo talvolta grossolano e travisato.