IL POPOLO

Società

L’eredità di Giuseppe Dossetti – lo abbiamo notato in un precedente articolo – non fu cara solo a Romano Prodi ma anche a suo fratello Paolo (1932-2016), mio insegnante di storia moderna all’università di Trento. Feci con lui il mio primo esame a Sociologia e, presentandomi col mio cognome, ebbi naturalmente la strada spianata. Non mancò, infatti, la domanda su un’eventuale mia parentela col famoso Raffaello Morghen, lo storico romano autore di “Medioevo cristiano” (1951), domanda che in altra occasione mi pose anche Angela Pellicciari.
La biblioteca civica di Abano Terme ha recentemente ospitato una breve, partecipata presentazione del saggio di Francesco Jori su Marco Polo, significativamente sottotitolato “La vita è viaggio”. Son pagine che ricostruiscono il percorso umano di Marco e propongono il ritratto di due delle maggiori potenze economiche dell’epoca: Venezia e Cina, protagoniste – così si è detto ad Abano – di una globalizzazione ante litteram lungo la favolosa Via della Seta.
L’editore Panozzo, da quarant’anni sulla piazza, propone una selezione di libri riminesi. Sulle suore salesiane (di cui qui abbiamo già scritto) o sulla cucina “tra le due guerre”, che sarebbe poi un modo elegante per dire “nel tempo del Fascismo”. La cucina storica, in effetti, è uno dei cavalli di battaglia di questo editore. Ma tra le sue proposte troviamo anche i riminesi “alla menta” rievocati da Giuliano Masini, oppure Gabriele d’Annunzio ed Eleonora Duse che passeggiano per viale Vespucci, “cuore pulsante del lido – come scrive Manlio Masini -, e civettuolo salotto a cielo aperto della vita dorata della vacanza”.
La recente fiction di RaiUno “La lunga notte” ha avvicinato al grande pubblico televisivo la figura di Giuseppe Bottai (1895-1959), nell’occasione interpretato dall’attore Daniele Natali. È dunque forse il momento propizio per riscoprire un breve saggio (invero non privo di refusi) del compianto Piero Vassallo, dedicato appunto al gerarca romano ed apparso, per le edizioni Solfanelli, nella collana “Saperi”, cui concorsero tra gli altri Roberto de Mattei, Corrado Gnerre e Francesco Agnoli.
All’origine dell’Archivio storico “Alberto Marvelli” di Rimini, gelosamente custodito da Nino Luzio, troviamo una donna: la signorina Maria Massani (1897-1990), figura eminente del laicato riminese. Insegnante e collaboratrice di Alberto, ne scrisse anche la prima biografia, in forma di “profilo”. Nella sede di via Cairoli ancora aleggia il suo spirito assieme a quello di un’altra donna: la compianta professoressa Cinzia Montevecchi in Grassi, che ne fu l’anima fino alla morte, avvenuta il 13 febbraio di quest’anno. Fu lei, infatti, che riordinò e revisionò tutto il materiale custodito nell’archivio, oggi purtroppo insidiato dall’umidità dell’ambiente.
Isabella sta alla Garbatella, a due passi dalla casetta dove, secondo la leggenda, Giorgia dormiva nel letto con la sorella Arianna mentre mamma Anna, per sbarcare il lunario, scriveva romanzetti rosa ambientati in paesaggi tropicali da sogno. Isabella è una ciellina della prima ora, tanto che gli amici la chiamano scherzosamente “la sansepolcrista”. Ed è un’educatrice, seppure ormai a riposo, che per tanti anni ha militato nel CLE dopo essersi laureata con una tesi su Maria Montessori educatrice ed aver insegnato per più lustri in una scuola privata retta dalle Marcelline.
Coniò l'espressione di cattolici adulti – ha detto Corrado Ocone - per giustificare posizioni politiche non in linea con la dottrina della Chiesa di Roma. Ad ogni modo, dopo i fischi ricevuti al Motor show – siamo verso la fine del 2006 –, Romano Prodi tornò nella sua casa culturale celebrando il fondatore di quella “scuola di Bologna” di cui era l’ultimo erede in politica: don Giuseppe Dossetti, ricordato in un convegno a dieci anni dalla morte.
Non passa giorno senza che i mezzi della comunicazione non rilancino episodi di violenza o di derisione esercitati da uno o più persone in danno di un’altra. E più spesso di quanto non appaia ciò è fatto in modo tanto distruttivo della sua, da indurla ad azioni autolesioniste anche gravi, non riuscendo a intravedere altre vie di salvezza. È il bullismo. Leonardo, solo 15 anni, ha messo fine alla sua breve vita con un colpo di pistola dentro un casolare di campagna nei pressi di Montignano, nel comune di Senigallia, in provincia di Ancona. Un gesto estremo, disperato e senza ritorno.
Dopo tante biografie dedicate a eminenti personaggi fascisti (appunto Balbo, Ciano, Bottai...), il saggista e storico Giordano Bruno Guerri ci riprova ora nientemeno che con “Benito. Storia di un italiano”, in uscita per Rizzoli. Piero Jones non nutre molte speranze in proposito: “Che cosa avrà mai da dire di nuovo?”. “Il solito riassunto di De Felice in salsa politicamente corretta – questo si aspetta Jones - con venature di ossequio all’antifascismo accademico”. “Non credo aggiunga nulla – concorda Fabiano Gaita - a quanto già detto e scritto su Sua Eccellenza”. Paolo Pacetti lo leggerà sicuramente, “ma più come un romanzo che come Storia”. Anche Rita Lasagni si fida di Giordano Bruno Guerri, mentre Maurizio Panella un poco esagera: “Di Guerri bisognerebbe leggere tutto”.
Una cartolina da Londra. Edita da Kardorama, riproduce il Parlamento e il Big Ben in una visione notturna, non senza una ricca didascalia, e reca “un affettuoso saluto” (vengono in mente i “Saluti notturni dal Passo della Cisa” di Piero Chiara). La trovo in un libro della biblioteca del Seminario di Trento: il famoso “Esperienze pastorali” di don Lorenzo Milani. L’edizione, al solito della LEF (Libreria editrice fiorentina), è del 1974. Il volume apparteneva al vescovo di Trento monsignor Giovanni Maria Sartori, nato a Vicenza (parrocchia di San Felice) nel 1925 e defunto ad Innsbruck nel 1998. La cartolina, invece, venne spedita a monsignore nell’agosto del 1975 da un giovane prete di neanche trent’anni, don Adriano Tessarollo, che è oggi il vescovo emerito di Chioggia. La vicinanza delle date di pubblicazione del libro ed invio della cartolina e l’anno (75) indicato a penna sul frontespizio accanto al nome del proprietario, inducono a ritenere che monsignor Sartori, quell’agosto del 1975, stesse leggendo proprio “Esperienze pastorali”.