
IL POPOLO
Fondato nel 1923 da Giuseppe Donati

Democrazia. Parola di uso comune, anche nella sua declinazione come aggettivo. È ampiamente diffusa. Suggerisce un valore. Le dittature del Novecento l’hanno identificata come un nemico da battere. Gli uomini liberi ne hanno fatto una bandiera. Insieme una conquista e una speranza che, a volte, si cerca, in modo spregiudicato, di mortificare ponendone il nome a sostegno di tesi di parte. Non vi è dibattito in cui non venga invocata a conforto della posizione propria. Un tessuto che gli avversari della democrazia pretenderebbero logoro. L’interpretazione che si dà di questo ordito essenziale della nostra vita appare talora strumentale, non assunto in misura sufficiente come base di rispetto reciproco.
E' il testo della relazione che Lucio D'Ubaldo, direttore de Il Domani d'Italia ha tenuto il 4 giugno presso l’Istituto Sturzo nell’incontro promosso dall’Ufficio “Pastorale sociale, del lavoro e cura del creato” del Vicariato. In una dotta ed esaustiva esposizione l'Autore ha tratto il tema della libertà come cuore della democrazia. E scrive: "Ce ne ricordiamo a fatica per uno strano sortilegio. Un po’ sembra scontato ma un po’ sorprende, visto che la questione in sé contempla la difficoltà di una sfida, specie nelle fasi di cambiamento. La libertà non è un fatto bensì una conquista, ovvero una sollecitazione intellettuale e morale interna al dinamismo che anima la coscienza dell’uomo, determinandone l’azione nel mondo".
Questa nota a margine della recente Direzione politica del partito non può in premessa che apprezzare, in primo luogo, le buone intenzioni che pervadono in ciascuno di noi nello sforzo teso a prefigurare obiettivi generali di lungo periodo( a poco invece oggi servono decaloghi e manifesti, se non si scava al fondo delle questioni). Del resto nessuno di noi disconosce questa precipua peculiarità che anima da sempre il nostro dibattito alla ricerca delle migliori convergenze su ogni prospettiva che potrebbe aprire spazi inediti al partito. C’è però un dato che mi preoccupa da tempo, ossia il comune modo di intendere lo Statuto, da parte di questa dirigenza, in modo talvolta grossolano e travisato.
Sarà affidata a don Ivan Maffeis, Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve dal 2022, la Lectio degasperiana 2024, in programma il prossimo 18 agosto a Pieve Tesino. Sarà affrontato il tema il tema: “Il deserto della democrazia e la rinascita della politica“. La sua sarà una Lectio dai risvolti originali, in cui l’analisi storica incontrerà le suggestioni della sapienza biblica nel delineare il carattere quasi profetico dell’esperienza degasperiana.
Dopo i successi internazionali di Borgo Egnazia, dove la Meloni ha brillato (tutti amici, tutti contenti, tutti d’accordo), il giorno dopo c’è stato l’inutile convegno a Zurigo sulla pace in Ucraina. Grande successo di pubblico ma il copione era scarso. Non ha convinto. È un po‘ grottesco parlare di pace fra due belligeranti e poi non invitare uno dei due. Ne è risultato un nulla e non poteva essere diversamente. La pace non si fa con gli assenti. I risultati si sono visti. I soliti credenti hanno riaffermato le ragioni di Kiev, ma erano pochi, nonostante il vistoso numero dei presenti (92). Ma il numero, in questo caso, non fa né la forza né la ragione.
Dialoghi aperti, a cura di Luigi Rapisarda. Il bilancio della nuova DC, ad un anno dalla segreteria di Totò Cuffaro. Conversazione, senza veli, tra il presidente del Collegio Unico dei Probiviri, Avv. Luigi Rapisarda e il segretario politico del partito, Sen.Totò Cuffaro, sui temi del partito,dell’Europa, del Paese e della Pace
L'ex Presidente del Consiglio Nazionale della DC, sen. Renzo Gubert scrive. "Non si può ripetere all'infinito la tesi secondo la quale il XIX Congresso DC di Roma, che aveva eletto Renato Grassi Segretario non sarebbe valido per il lamento di irregolarità (presunte) dopo che il Presidente Lisi ha concluso il Congresso proclamandone il risultato senza rilievo alcuno e dopo che sempre l'on. Lisi e il prof. Luciani, nella prima riunione del Consiglio Nazionale eletto non hanno ottenuto le cariche cui ambivano. Fossero anche vere le irregolarità (ma non lo sono), esse non hanno minimamente influito sull'esito del Congresso e quindi se preme l'esito di riattivazione della DC più che il riconoscimento di proprie ambizioni si dovrebbe concorrere alla crescita della DC, nel XX Congresso con il nuovo Segretario Cuffaro, e non lanciare avventurose operazioni che la DC danneggiano, creando confusione tra i possibili soci. Hanno ragione Luciani e Lisi a richiamare l'importanza della continuità della DC; hanno torto nell'agire come se la continuità non sia attribuibile alla DC ora guidata da Cuffaro e dal Presidente Grassi. Mi sentirei a disagio se dopo aver contribuito in modo rilevante alla riattivazione della DC, poi uso cavilli per distruggere quanto costruito". Ricostruiamo un po’ di cronaca che è diventata ormai storia.
Chiuse le urne, analisi e commenti si moltiplicano, evidenziando questo o quel risultato: le Destre avanzano, i Verdi e i Liberali arretrano, il Centro che sostiene la von der Layen regge e addirittura cresce. Solo la Borsa ne ha sofferto e scende la quotazione dell’euro rispetto al dollaro. A me sembra che queste elezioni abbiano dato una grossa scossa al sistema europeo. Niente di grave, ma tutti i governi nazionali sono in crisi, ad eccezione di Polonia e Italia.
Il voto di giugno ha evidenziato quello che era previsto: orfani di una lista di area, i DC e i Popolari si sono frantumati nel voto e/o nell’astensione, mentre si è rafforzato il bipolarismo Fratelli d’Italia - Partito Democratico. Abbiamo assistito al fallimento clamoroso, da un lato, dei due fasulli dioscuri del centro, Renzi e Calenda, e dall’altro, del M5S. Accanto a questi dati oggettivi, ancora una volta assistiamo alla renitenza al voto di oltre la metà dell’elettorato italiano e Giorgia Meloni, ora come alle politiche dell’autunno del 2022 e con un incremento del 3%, conquista la maggioranza relativa della minoranza dell’elettorato italiano.
Per il centro è una débâcle che obbliga a rivedere la condotta di un esercito in sé diviso e scollegato, ma soprattutto prigioniero di una visione della politica come ars combinatoria. Il sospetto può esserci, la scarsa affluenza ai seggi un effetto distorsivo sui risultati l’ha prodotto. Il Paese dei sonnambuli – copyright del Censis – ha scelto di non scegliere, forse per marcare il dissenso o forse per esprimere indifferenza. Nulla è fisiologico in questo disarmo morale che la nazione ha messo allo scoperto. Al di là delle cause resta l’evidenza del triste record di sabato e domenica, con la percentuale dei votanti che scivola, seppur di poco, sotto la soglia del 50 per cento.