Questa nota a margine sulla recente Direzione politica del partito non può in premessa che apprezzare, in primo luogo, le buone intenzioni che pervadono in ciascuno di noi nello sforzo teso a prefigurare obiettivi generali di lungo periodo( a poco invece oggi servono decaloghi e manifesti, se non si scava al fondo delle questioni).

Del resto nessuno di noi disconosce questa precipua peculiarità che anima da sempre il nostro dibattito alla ricerca delle migliori convergenze su ogni prospettiva che potrebbe aprire spazi inediti al partito.

C’è però un dato che mi preoccupa da tempo, ossia il comune modo di intendere lo Statuto, da parte di questa dirigenza, in modo talvolta grossolano e travisato.

La questione è stata oggetto di una mia disamina critica in seno al dibattito che si è sviluppato nella recente Direzione nazionale, ove si era approntato un documento che poi la Direzione avrebbe dovuto votare, senza portarlo a conoscenza, almeno qualche giorno prima della riunione, e non nel corso della discussione, ossia a dibattito aperto, in modo da consentire una più ponderata riflessione ed un confronto più puntuale sui diversi aspetti del documento.

A tal proposito chiedo che si adotti sempre la modalità di partecipare qualche giorno primo, o meglio allegandolo alla convocazione, un eventuale documento del segretario, in modo che ciascuno arrivi al giorno della seduta con una propria documentata convinzione.

Così prendo spunto dalla presa di posizione critica del Sen. Gubert che testimonia l’esempio tipico del clamoroso scivolone metodologico, che poi Egli estende ed indirizza soprattutto al modo disinvolto di come si interpreta lo Statuto, come si trae da un suo post( 2 luglio scorso), in occasione di un botta e risposta( Sorbelli - Gubert) a proposito dei poteri e il ruolo del segretario politico.

Un travisamento che,come lo stesso Sen. Gubert fa notare, nella sua risposta testuale, rivolgendosi alla dirigente Sorbelli:”..condivido le tue raccomandazioni e le tue valutazioni, tranne che per quelle relative ai poteri del Segretario. La gerarchia dei poteri parte dal Congresso, passa poi al Consiglio Nazionale e poi alla Direzione. Il Segretario attua le decisioni prese in via gerarchica da questi organi. Questa è la DC, non un partito gestito da un ristretto vertice..” vanificherebbe quella sapiente funzione collegiale cui sono deputati gli organi di vertice dal Congresso , al Consiglio nazionale, ecc.

Vien da chiedersi se la malattia del leaderismo abbia contagiato anche la Dirigenza, in senso lato?

Forse, una maggiore attenzione e una più avveduta conoscenza di base dello Statuto non sarebbe incongrua: a tal proposito ritorna la vecchia questione di un periodico corso di formazione, anche per dirigenti, a cominciare dallo studio delle regole statutarie, così da impedire i tanti strafalcioni interpretativi( dello Statuto) che si disseminano nell’azione interna del partito, non sarebbe incongrua, anche per evitare cadute di stile negli adempimenti statutari che finiscono per inficiare l’autorevolezza della funzione che si esercita in rappresentanza del partito.

Emblematico pertanto appare un passaggio del post della dirigente citata, ove scrive: “Vorrei sommessamente  ricordare a tutti che in politica contano i numeri e al Segretario Nazionale viene affidata la responsabilità e la scelta  della linea politica. 

Questo da Statuto.”.

Si da il caso però che lo Statuto dica proprio il contrario.

Anche a volerla cercare con la migliore lente del sommo filosofo e scienziato tedesco, Gottfried Wilhelm von Leibniz, non c’è una sola parola che attribuisce al segretario “la responsabilità e la scelta della linea politica”.

Ciò emerge senza equivoci dalla disposizione testuale dell’art. 74 dello Statuto che così delinea le Competenze del Segretario politico nazionale:

Il Segretario Politico ha la rappresentanza politica del Partito, attua la linea politica determinata dal Congresso secondo le deliberazioni del Consiglio nazionale e della Direzione, dirige e coordina le attività del Partito.

Il Segretario Politico, in particolare:

a) convoca e presiede la Direzione, l'Ufficio politico e la

Giunta esecutiva nazionale;

b) nomina, sentita la Direzione, uno o più vice segretari e i dirigenti dei Dipartimenti, scegliendo questi ultimi anche

al di fuori di essa;

del Partito;

c) esprime ai gruppi parlamentari l’indirizzo politico del partito

d) guida le delegazioni incaricate di intervenire per la

formazione dei governi;

e) presiede le commissioni

d) guida le delegazioni incaricate di intervenire per la

formazione dei governi;

e) presiede le commissioni

d) guida le delegazioni incaricate di intervenire per la

formazione dei governi;

e) presiede le commissioni nazionali per i problemi

della cultura, della produzione e del lavoro ed il comitato nazionale di informazione sindacale”.

Come si vede non c’è nulla di affidato, quanto alla determinazione della linea politica, al segretario politico, il quale invece ha il dovere di attuare la linea politica che compete al Congresso come si ricava dall’art.71 lett.b)”proporre i programmi e deliberare gli indirizzi generali della politica del Partito;” e dall’art.

79:”Il consiglio nazionale è ,entro la linea politica determinata dal congresso, l'organo deliberativo del Partito.”

e infine in ordine minore di grandezza, la Direzione nazionale ex art.83 lett.a, che:”delibera sugli indirizzi politici e programmatici del

Partito sulla base delle determinazioni del Congresso e del Consiglio nazionale.”

A tal proposito mi pare rilevante ricordare che in quell’unanimità della delibera che intende delineare un percorso di costruzione della casa comune dei moderati, c’è stato anche il mio voto a favore, dopo che la Direzione ha recepito la mia proposta di includere nei diversi passaggi del documento, precisamente, nel sesto capoverso che esordisce così:” Questo percorso ambizioso vuole portare a creare in Italia una solida sezione del PPE.. “, questa frase:”_nell’obiettivo di una concreta e credibile costruzione di un centro politico, nel quadro di un sistema elettorale di tipo proporzionale”._

Tuttavia pur convergendo su questo articolato obiettivo, nel quadro di un consolidamento del ruolo del Ppe, e, per quanto riguarda il sistema politico del nostro paese, l’obiettivo di un credibile centro politico, in uno con il ripristino di un sistema elettorale proporzionale, resto fortemente critico sul fatto che possa essere questa la strada per attirare un elettorato sempre più sfiduciato e nauseato da una politica, che pur oscillando( così di sta caratterizzando per strumentalità di immagine il “Melonismo” tra ammiccamenti al centro, che però appaiono sempre meno credibili, proprio per la evidente artificiosità comunicativa, e straripamenti verso l’estrema destra, con una Lega sempre più scatenata, lanciata in convergenze sempre più dissennate, che sta portando il paese ad un, non più tanto velato, scontro sociale e culturale, nel velleitario tentativo di voler riscrivere la nostra storia recente, di cui l’assedio in diversi fronti al nostro sistema costituzionale, fondato sulla centralità del parlamento e sul sapiente equilibrio dei poteri, ne è l’esempio più lampante. 

Costruire un raggruppamento di centro con compagni di banco che per consuetudine sono serviti a nascondere, come foglie di fico, politiche indigeste( ad personam, fino ai propositi anti europei e alle sbandierate politiche nazionaliste che la galassia delle destre sta mettendo in campo, giocando su una multiformità artificiosa)  non hanno mai alzato un dito per contrastare obiettivi così lontani dalla storia democristiana.

Ancor più grave il fatto che, questi partitini, spezzoni della vecchia Udc, unitamente a FI che di cichiara centrista, a parole, assistano impavidamente al tentativo di  destrutturazione costituzionale e ad una cinica codificazione delle diseguaglianze dei cittadini nei diversi territori (Autonomia differenziata) oltre al compiacente ammiccamenti verso un far west economico, da liberismo sfrenato, (valga per tutti, la legge sugli extra profitti delle banche, rivelatasi solo uno spot pubblicitario senza seguito), a discapito di una, volutamente, ignorata tutela dei meno abbienti, che oggi non è una marginalità di poco conto, come poteva apparire nelle politiche degli anni ‘70 e ‘80, ma che investe sempre di più tutto il settore del ceto medio, che è quello che per reazione non si reca più alle urne.

E la cosiddetta classe operaia?

Dimenticata persino dagli eredi del Pci, ha finito per affidarsi con rabbia e agnosticismo alla destra più reazionaria mutando la propria natura da aggregazione e linfa di idee progressiste a sentimenti reazionari e antimmigrazione.

In tale scenario mi chiedo quanto possa apparire credibile il nostro tentativo di federarsi con quest’area, intrisa di ambiguità e opportunismo e volatilità elettorale.

Insomma, se si continuano a riproporre i vecchi schemi che furono dell’Udc di Casini (che poi sappiamo come è andata a finire: lui resosi non più credibile nel suo progetto di stampella del Berlusconismo, si è dovuto riciclare nel Pd per mantenersi uno scranno in parlamento, mentre il suo establishment vaga tra un partito di destra e l’altro per assicurarsi sopravvivenze personali di nessuna valenza politica) non sembra profilarsi grande spazio di movimento per il nostro partito 

Usciamo da questi schemi e costruiamo un partito di centro senza le zavorre e le insignificanti costole di queste destre. Destre che hanno la grave responsabilità di aver avvelenato, con il loro sentimento anti europeo, le politiche anti migratorie e un atlantismo a giorni alterni (pur se su questo tema appare opportuna una profonda riflessione sulle torsioni che sta assumendo la geopolitica attuale - con nuovi rapporti di forza all’interno del quadrante europeo e della NATO )un progetto aderente ai bisogni e alle istanze che l’attuale riconversione dell’abbagliante globalizzazione selvaggia, che apparentemente sembrava la panacea di tutti i mali, ha causato nei rapporti internazionali, non risparmiando nessun paese.

Così non mi sembra fuor di luogo ricordare la sapiente espressione diventata proverbiale che Alessandro Manzoni fa pronunciare al Gran Cancelliere di Milano, Antonio Ferrer, che rivolge al cocchiere mentre la carrozza passa circondata dal popolo in tumulto per la carestia, sopraggiunta alla peste:”Adelante Pedro, con juicio, si puedes” 

 

Luigi Rapisarda