“Nessuno accusi il fratello, quasi per scomunicarlo: la parola che oggi il Signore ci dice è coraggio”. “Invitati all’opera di Dio per l’uomo”, la conversazione svolta da don Luigi Giussani davanti agli adulti milanesi del movimento di Comunione e Liberazione prendendo spunto da un discorso del cecloslovacco Zverina, all’inizio di un imprecisato anno sociale, appare particolarmente significativa alla luce delle nuove direttive vaticane circa i movimenti ecclesiali e le aggregazioni laicali.
Ecco, infatti, l’invito a riconoscere la grazia che il Signore ci sta dando: “di questo Papa per esempio (ma il riferimento era a Giovanni Paolo II, ndr); proprio nel momento in cui in tante nostre comunità si sono insediati conformismo, malavoglia e distrazione”. La prima parola da fare oggetto della nostra attenzione è responsabilità. È venuto il momento che essa fiorisca. “S’intende – precisa il sacerdote brianzolo -, responsabilità di ognuno: non la generica responsabilità della comunità”. Perciò: responsabilità personale per una creatività libera. Perché “non dobbiamo chiedere il permesso a nessuno per vivere il dovere del nostro battesimo e la grazia fattaci con questa educazione che chiamiamo movimento”. Che non è un sistema burocratico dove si dà il signorsì a degli individui.
Occorre che quel che facciamo per i figli, lo facciamo per la vita della Chiesa: con la stessa creatività, con la stessa poesia. Chi prende sul serio la responsabilità di essere creativo nella vita della sua comunità sente poi la necessità di una regola. Del resto, “in tutto l’arco di storia del cristianesimo, chi prendeva sul serio la vita cristiana ha sempre sentito la necessità di mettersi insieme, di darsi una regola”. Una compagnia più stretta, la definiva il prete di Desio pensando al modello delle confraternite (mentre il matrimonio è la regola prima, e la Chiesa la regola grande): forme di impegno adulto, gruppi di adulti, piccole o grandi realtà di lavoro vissuto “attraverso l’impegno anche professionale in senso stretto”. Un’opera iniziale – qualora queste realtà si moltiplicassero – per un’umanità nuova.
Opera, inoltre, di pura gratuità, cui partecipare nella misura delle proprie possibilità e libertà. “Com’è bello – conclude il fondatore di Cielle – che Zaccheo abbia distribuito metà dei suoi beni ai poveri; tanta gente radicalmente rigida avrebbe detto: Bisognava che desse tutto; no, ha dato quel che si è sentito; e nessuno misuri: chi misura è fuori del Regno di Dio”.
Ruggero Morghen