Franco Marini è stato uno dei più illustri esponenti del cattolicesimo sociale italiano. Leader sindacale, leader politico e statista. Marini è stato un prestigioso sindacalista che è diventato anche un autorevole dirigente politico. Elemento, questo, alquanto raro nella storia democratica del nostro paese. Nato nell’aprile del 1933 a San Pio delle Camere in Abruzzo, Marini è scomparso nel febbraio del 2021 all’età̀ di 87 anni. Marini è stato, appunto, uno dei protagonisti più̀ autorevoli della cultura e della tradizione del cattolicesimo sociale. E lo ha sempre concretamente dimostrato nel corso della sua vita. Anche e soprattutto nella dimensione sindacale.

Al riguardo, ogni qualvolta gli veniva chiesto qual’era la sua vera vocazione, Marini diceva sempre che “l’unico mestiere della sua vita è stato quello del sindacalista”. Anche perché̀ Franco ha rivestito molti altri ruoli nella sua lunga, ricca e feconda vita pubblica: Deputato, Senatore, Eurodeputato, segretario nazionale del Ppi, dirigente della Margherita, fondatore del Pd, Ministro del Lavoro, Presidente del Senato e per un soffio ha mancato la Presidenza della Repubblica. Una pagina, quest’ultima, triste e decadente, per l’incresciosa vicenda dei franchi tiratori che gli hanno sbarrato la strada del Quirinale e che è riconducibile esclusivamente alla responsabilità̀ politica dei parlamentari e del vertice del Pd dell’epoca, partito che ha visto lo stesso Marini protagonista nel farlo decollare.

Stretto collaboratore di Carlo Donat-Cattin nella corrente di Forze Nuove, la celebre ‘sinistra sociale’ della Democrazia Cristiana, Marini è sempre stato un protagonista. Lo è stato come dirigente sindacale della Cisl sino a diventarne segretario generale dal 1985 al 1991. Un sindacalista e un uomo politico che ha sempre avuto un solo e grande obiettivo: la difesa e la promozione dei ceti popolari.

Nell’impegno sindacale come in quello politico, in Parlamento come in sede governativa e agli stessi vertici delle istituzioni, Marini ha sempre fatto della difesa dei ceti popolari la sua bussola politica e culturale di orientamento concreto. Del resto, è la stessa cultura politica che ha sempre ispirato Marini, e cioè̀ la dottrina sociale della Chiesa, a spingerlo in quella direzione. Una posizione che ha sempre mantenuto con forza e vigore nei partiti che lo hanno visto protagonista. Dalla Dc al Ppi, dalla Margherita al Pd.

È stato un dirigente sindacale e politico che cercava sempre di trovare una soluzione concreta ai problemi che, di volta in volta, si presentavano di fronte. Resta celebre la sua capacità di chiudere i contratti sindacali attraverso una paziente e tenace capacità di confronto e di dialogo con la controparte. Un talento, questo, che è stato particolarmente utile anche nella concreta dialettica politica all’interno della vita del partito.

Tanto nella Dc all’inizio degli anni ‘90 quando assunse la leadership della corrente di Forze Nuove dopo la scomparsa di Donat-Cattin nel marzo del 1991, quanto alla guida del Ppi e poi nella Margherita e infine, ma con minor forza ed attivismo, all’interno del Partito democratico.

Ma la forza principale di Marini resta il suo profilo personale fortemente carismatico e la sua forza di essere leader. Nel sindacato come nel partito, nella società̀ come nelle istituzioni. E questa specificità̀ ha permesso a Marini di imprimere sempre una presenza forte e significativa nei vari campi in cui era impegnato. Questa è stata la sua cifra più̀ profonda. Inflessibile nel richiamo ai valori e ai principi che lo hanno sempre accompagnato, ma altrettanto disponibile al dialogo e al confronto. Senza reticenze, ambiguità̀ e pregiudizi.

Per questi motivi Franco Marini entra a pieno titolo tra i protagonisti più̀ autorevoli della lunga, travagliata ma nobile e profondamente democratica storia del cattolicesimo politico italiano.

Giorgio Merlo