E' bastato questo tweet scritto stamattina: “Migranti. Fronte disumanitario. Italia, Grecia, Malta e Cipro contro le navi delle Ong”. Così il quotidiano Avvenire oggi. Ai tanti cattolici che hanno votato per la destra guidata dalla Meloni un motivo di riflessione, specie per coloro che si considerano fedelissimi agli insegnamenti della Chiesa”, per riaprire un vivace confronto con persone, alcune delle quali, amiche di vecchia data, si sono sentite colpite da un semplice richiamo alla riflessione.
Ennesima dimostrazione della divisione esistente nell’area sociale e culturale cattolica, una parte consistente della quale ha scelto di votare a destra alle elezioni politiche del 25 settembre scorso. Orfani del partito, la DC, che dal 1945 al 1993 era stato il riferimento politico di larga parte dei cattolici italiani, consumate le diverse opzioni che dalla fine politica della DC hanno caratterizzato la lunga stagione della diaspora democratico cristiana, il 25 settembre si è consumata la divisione netta tra i cattolici della morale e i cattolici del sociale.
I primi, stanchi delle scelte laiciste e radicali del PD sui temi inerenti ai “valori negoziabili”, hanno finito con l’orientare il loro consenso alla coalizione di destra anche con alcuni voltafaccia incomprensibili di qualche amico di provata fede DC.
Non mi hanno sorpreso le reazioni di altri del movimento di Comunione e Liberazione che, da molto tempo, si è posto a destra, in alternativa alle posizioni della sinistra in materia di scelte antropologiche sulla vita e la morte, il matrimonio e la cultura del gender.
Leggendo l’ultima bella nota di Giorgio Merlo, in Il Domani d’Italia, sulla sinistra sociale e politica della DC e sul ruolo svolto, soprattutto da quest’ultima, in tema di autonomia della politica da sottrarre al rigido condizionamento di tipo clericale proveniente dalla Chiesa pacelliana degli anni ’50 e per quasi tutti i ’60, ho compreso la necessità esistente nel nostro tempo di riprendere il confronto tra i cattolici, tenendo presente il grado di divisione e di smarrimento esistente nella stessa Chiesa.
Una realtà quella ecclesiastica, dove persone espressione di malcelati integralismi preconciliari, sono pronte a contestare non solo il quotidiano della CEI, ma lo stesso Papa Francesco, che non manca, non a caso, di chiedere ogni volta di pregare per lui.
Le difficoltà politiche e organizzative inerenti alla ricomposizione politica dell’area cattolico democratica e cristiano sociale scontano queste divisioni nella più vasta realtà cattolica, nella quale la rottura tra cattolici della morale e cattolici del sociale appare difficilmente componibile.
L’amico Franco Banchi in una recente nota scritta alla vigilia del voto, sosteneva come non ci dovessero esserci “cattolici della morale” e “cattolici del sociale”. È nostra convinzione, scriveva Banchi, “a maggior ragione a fondamento degli impegni elettorali volti al bene comune, che l’ispirazione e l’azione dei cattolici deve coniugare obbligatoriamente entrambi gli aspetti. Perché, egli continuava, accettare di essere circoscritti al solo campo, peraltro irrinunciabile, della difesa dei principi morali e subire passivamente la resa in quello del sociale, in cui non dobbiamo essere per forza liberali o socialisti?
Per questo dobbiamo iniziare la “riscossa” in un campo che fin dalla Costituente è stato il nostro luogo eccellente. Uno dei capisaldi da riprendere, sviluppando ed attualizzando l’articolo 118 della Costituzione, è quello che definisce il profilo di massima della sussidiarietà, a sua volta riferibile agli studi giuridici del pensiero cristiano medievale. E proprio da qui comincia il nostro lavoro di trasferimento attivo dei principi di sussidiarietà nel terzo millennio italiano”.
Utile suggerimento quello di Banchi di fare riferimento ai valori cristiani che i padri costituenti hanno saputo trasferire nella nostra Carta fondamentale, come quelli della sussidiarietà e della solidarietà, compresi quelli enunciati a sostegno della persona e della famiglia. E’ evidente, però, che nel concreto svolgersi del confronto politico e culturale del tempo presente, una riflessione seria deve essere compiuto anche dai partiti e dai movimenti che di questa realtà sono gli attori protagonisti.
Pensare di continuare a ragionare a prescindere da questa scissione politica e culturale del mondo cattolico, ritengo sia un errore che non permette di colmare il divario esistente tra la realtà della politica e della sua rappresentanza istituzionale e la mancata partecipazione al voto di oltre il 50% degli elettori, a diverso titolo e motivazione, stanchi e sfiduciati di ciò che passa il convento. Una seria riflessione dovrà farsi nella vasta area cattolica caratterizzata da molte articolazioni
Analoga riflessione dovrà anche essere compiuta dalle e nelle forze politiche a cominciare dalla sinistra e per essa, dal suo principale caposaldo, il PD, nel quale è aperta la riflessione sul ruolo che i Popolari ex DC hanno svolto sin qui e potranno ancora svolgere, in un partito che è alla ricerca affannosa della propria identità.
Analogamente nel terzo polo, dove, Matteo Renzi, dovrà battersi per superare l’idiosincrasia DC di Calenda, neo azionista post litteram, tenendo presente che un Terzo Polo senza una forte componente di ispirazione DC e popolare è destinato a svolgere un ruolo del tutto minoritario in campo politico e istituzionale.
La destra a guida di Giorgia Meloni, ha sin qui saputo raccogliere di risulta larga parte del voto dei cattolici della morale, i quali, tuttavia, non potranno, alla fine, sottrarsi dagli impegni che a loro derivano dalla coerenza ai principi e ai valori fondamentali della dottrina sociale cristiana.
La cultura e i valori di provenienza di Fratelli d’Italia, infatti, sono lontani mille miglia da quelli che, dalla Rerum Novarum in poi, la Chiesa cattolica ha saputo indicarci, sino all’Evangelii gaudium, Laudato SI e Fratelli tutti.
A quanti, infine, a diverso titolo e legittimità si richiamano alla storia della DC, “partito mai giuridicamente sciolto”, spetta il compito di favorire il progetto della loro ricomposizione, premessa indispensabile per concorrere da protagonisti alla costruzione del centro nuovo della politica italiana insieme alle componenti di ispirazione liberale e socialista riformista.
Un “vaste programme” indubbiamente, ma vale la pena di perseguirlo con forte determinazione.
Ettore Bonalberti