Alla fine, è accaduto ciò che era previsto: la nostra area sociale e culturale andrà divisa al voto con candidati sparsi qua e là in diverse liste, quasi tutte lontane dai nostri valori e principi ispiratori. All’impegnativa prova della raccolta delle firme, nelle diverse circoscrizioni elettorali del voto europeo, su una lista condivisa di centro DC e popolare, i vari capi e capetti della composita galassia della diaspora DC, hanno preferito la scorciatoia della presenza in liste collegate alla destra o alla sinistra della politica italiana.
Gli ex popolari del PD li ritroveremo nelle liste di quel partito, come il caso intrigante dell’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, pronti a offrire il loro sostegno per il Partito socialista europeo. Altri, come gli amici di Tarolli, in lista Azione di Calenda , noto “ azionista de noantri”, da sempre caratterizzato da un’irrefrenabile idiosincrasia democristiana, alla fine portatori d’acqua alla destra macroniana di Renew.
Idem gli amici di Tempi Nuovi, indecisi tra Calenda e Renzi, ma sempre orientati a sostegno del partito europeo di Macron, con la variabile campana di Mastella, la cui consorte confida di entrare nel parlamento europeo con la lista di Italia viva, con capolista l’On Bonino, da sempre antagonista coerente e indefessa di tutti i nostri valori.
Restano quelli che, come l’UDC di Cesa sono da sempre vassalli della destra leghista e i nuovi dei moderati di Lupi e Romano, accolti nella lista di Forza Italia che, invece, ha detto NO alla DC di Cuffaro e all’apertura di candidature d’area democratico cristiana, coscienti del vento favorevole che soffia a favore delle loro vele, come già dimostrato dal voto molisano, in diretta alternativa alla Lega in declino verticale.
Anch’io avevo sperato nella possibilità di una lista unitaria a sostegno del PPE, dovendo constatare amaramente da un confronto avuto con alcuni esponenti dei vertici di Forza Italia, l’inagibilità di tale proposta.
Ecco, dunque, che al voto europeo di giugno saremo orfani di una nostra lista e forzatamente “liberi” di attribuire la nostra preferenza a quei candidati che, nei diversi schieramenti presenti nelle cinque circoscrizioni elettorali, saranno più vicini alle nostre idee.
Questa è la reale condizione di impotenza politica dell’area frammentata dei cattolici italiani, da sempre caratterizzata dalle sue componenti essenziali: democratici, liberali e cristiano sociali.
Una cosa a me pare certa: fin quando durerà questa nostra impotenza non potrà nascere un centro politico in grado di porsi come elemento di equilibrio tra una destra sovranista e nazionalista, con molti residui revanscisti, e una sinistra definitivamente spostata sulle posizioni proprie del “partito radicale di massa” indicate a suo tempo per il PCI dal prof Del Noce. Se, da un lato, vivo con inquietudine, una progressiva perdita della speranza, confermo intatta la fede nei valori sui quali ho orientato tutta la mia esperienza politica.
So, per dolorosa verifica personale, che la DC costituisce un fatto storico irripetibile, visti anche i molti tentativi fatti senza successo per la sua rinascita, nella lunga stagione della diaspora. So anche, però, che per costruire una reale alternativa alla destra nazionalista e sovranista guidata dall’On Meloni, serve dar vita a un’alleanza ampia e plurale tra le culture politiche che hanno fatto grande l’Italia: popolare, liberale, repubblicana e riformista socialista. Tappe indispensabili: il superamento della legge maggioritaria e la difesa della Costituzione repubblicana.
Ciò si potrà perseguire adottando insieme: il cancellierato, secondo il modello tedesco, con legge elettorale di tipo proporzionale, sbarramento al 4-5% e l’istituto della sfiducia costruttiva. I partiti di questa area dovrebbero ritrovarsi uniti su questo progetto e insieme concordare un programma economico e sociale all’altezza dei bisogni dei ceti medi produttivi e delle classi popolari dell’Italia. Spetta ancora a noi DC e Popolari farsi carico dell’avvio di questo percorso.
Ettore Bonalberti