Oggi ho partecipato in video conferenza alla riunione della direzione nazionale della DC, convocata dal segretario Renato Grassi, in una situazione assai diversa da quella che pensavamo solo alcune settimane prima. La crisi di governo aperta da Conte e dal M5S, cui hanno fatto sponda Salvini e Berlusconi, oltre alle elezioni anticipate di autunno, ha avviato un processo di scomposizione delle forze politiche destinato a non arrestarsi.
Di Maio con diversi grillini prima, la Gelmini con Brunetta e Cangini usciti da Forza Italia oggi, sono antesignani di una deriva che porterà a una diversa ricomposizione delle forze politiche. Ieri abbiamo assistito allo spettacolo “inusuale” di esponenti di centro destra di governo convocati nella casa privata da un signore, il quale, assistito da una gentile compagna, dettava ai suoi adepti la linea.
Peccato che a quell’incontro della destra di governo partecipasse anche Lorenzo Cesa, come un cavalier servente, che, ancora una volta utilizza lo scudo crociato per un progetto politico estraneo alla nostra cultura, storia e tradizione politica. E’ evidente, infatti, che il prossimo scontro elettorale avverrà, com’era prevedibile, tra una destra dominata dal duo Meloni e Salvini e, almeno mi auguro, una coalizione elettorale di partiti uniti dalla comune scelta euro atlantica e pronti ad offrire una proposta politico programmatica in grado di rispondere alle attese del terzo stato produttivo e della povera gente.
Alla decomposizione progressiva del M5S e di Forza Italia, anche nella Lega, specie nel Veneto e Friuli, non mancheranno scosse di assestamento, con la pressione di amministratori locali e piccoli e medi imprenditori contrari alla crisi politico istituzionale, che si aggiunge a quella economico sociale derivante da pandemia, inflazione da costi, massimi quelli dell’energia, e timorosi delle conseguenze che tale crisi potrà avere a livello europeo e internazionale per il nostro Paese.
Nel mio intervento in direzione ho sostenuto la necessità che la DC non si estraniasse dal processo di scomposizione e ricomposizione in essere, riaffermando le ragioni storiche della nostra scelta euro atlantica. Una scelta che ci dà piena legittimità di concorrere, mantenendo la nostra autonomia, a un’alleanza elettorale euro atlantica insieme agli amici Tabacci, Casini, Renzi, Calenda, Toti, Gelmini, Carfagna.
Ho molto apprezzato l’intervento di Casini e Renzi ieri al Senato, entrambi figli della nostra tradizione. Quella che, dopo Yalta, portò De Gasperi alla firma del Patto Atlantico il 4 aprile 1949 e il 23 dicembre 1954 al voto per l’adesione dell’Italia all’Unione Europea Occidentale (UEO). Un voto che portò all’espulsione immediata dal partito degli Onn. Mario Melloni (il futuro Fortebraccio dell’Unità) e Ugo Bartesaghi, già sindaco di Lecco dal 1948 al 1954, per aver votato contro quel trattato.
Era segretario del partito, Amintore Fanfani. Altri tempi e ben altri leader politici! Con la scelta determinante fatta da quattro leaders DC europei per l’avvio della CEE: De Gasperi, Adenauer, Monnet e Schuman, riteniamo di avere tutte le carte in regola per concorrere insieme ad altri partiti a tale alleanza elettorale.
Ora spetterà a Draghi decidere, non di dar vita a un suo partito, ma di accettare la leadership di tale alleanza che lo proporrebbe capolista indicato come capo del governo dopo la verifica elettorale. E’ evidente che compito della DC sarà anche quello di offrire alcune idee di programma ispirate dai valori dell’umanesimo cristiano e della dottrina sociale della Chiesa, quali quelli della solidarietà e sussidiarietà.
Insomma programma e alleanza elettorale di un centro democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, atlantista, alternativo alla destra nazionalista e sovranista.
Una scelta con la quale intendiamo riaffermare la validità della nostra migliore tradizione e concorrere a sconfiggere la linea putiniana che gioca a dividere l’Europa euro-atlantica attraverso la guerra e il ricatto energetico.
Una seria verifica andrà compiuta nelle nostre periferie per preparare al meglio le prossime elezioni politiche e indicare una classe dirigente credibile, che assuma il codice etico sturziano come riferimento morale per i propri comportamenti politici e amministrativi.
Ettore Bonalberti