Ezio Cartotto il giornalista, scrittore e politologo con la passione irrefrenabile per la storia e in particolare per la Rivoluzione Francese di cui conosceva ogni minimo dettaglio, nasce il 5 luglio 1943 a Milano in quei luoghi resi immortali da Celentano nella sua celebre via Gluck. La sua infanzia si rivela molto difficile da un punto di vista familiare e finanziario: verrà, infatti, cresciuto dalla nonna materna verso la quale dimostrerà sempre un affetto e una devozione tutta particolare. Recepirà la sua morte, avvenuta quando lui aveva circa 25 anni, come una vera e propria tragedia capace di marcare ancora di più il profondo senso di solitudine che fin da bambino si portava dentro.

Sensibile per condizione personale e vocazione sociale ai problemi di coloro che seppur meritevoli, non erano in grado di stare al passo coi tempi, le opportunità, gli studi, perché privi delle risorse economiche necessarie Cartotto matura in sé fin da ragazzino una visione di vita tesa a favorire in ogni modo l’uguaglianza, la meritocrazia, la solidarietà verso il prossimo mediante la cooperazione su progetti culturali. La lettura rimarrà, infatti, sempre il caposaldo di tutta la sua esistenza. La conoscenza e l’intelletto affinato e affilato rappresentavano per lui gli unici strumenti di cui avvalersi per ottenere un riscatto personale.

Cartotto viene ammesso al famoso Liceo Parini di Milano procedendo anno dopo anno grazie alle borse di studio. In questo ambiente è costretto a confrontarsi più volte con chi ha più soldi in quello che all’epoca era il bullismo dei ricchi “figli di papà” verso i poveri. Sostenuto da diversi professori che ne ammirano l’intelligenza fuori dal comune ha la capacità, che sarà poi una costante della sua vita, di crearsi intorno una folta schiera di estimatori fino ad ottenere il prestigioso titolo di Pagella d’Oro di Milano. Non solo: al Parini diventa redattore nel giornale studentesco “La Zanzara” iniziando a scrivere i suoi primi articoli. Il giornalismo come possibilità di curiosare nel presente cercando di intercettarne personaggi e meccanismi e di gettare uno sguardo anche al futuro vince sulla sua inclinazione storica che l’avrebbe naturalmente condotto a fare il professore universitario. Cartotto, però, ha sempre dichiarato che per quanto affascinante come professione, lo storico avrebbe limitato questa sua possibilità di “muoversi nel tempo” relegandolo al solo passato.

 

La scelta politica nella sinistra dc

Il giornalismo si sposa perfettamente con l'attenzione alla politica e al mondo sociale di Ezio Cartotto il cui sguardo rivolto politicamente a sinistra non si trasformerà, però, in una visione comunista nonostante l’attrazione che questo tipo di impostazione genera su di lui. Ciò non accadrà per due ordini di ragioni: una squisitamente spirituale e l’altra storica. Da un lato la fede cristiana che ha fortemente marcato il modus vivendi di Cartotto non poteva conciliarsi con la prospettiva atea e materialista che caratterizzava il comunismo di allora. Dall’altro saranno i gravi fatti risalenti al 1956 e relativi all’invasione Sovietica dell'Ungheria a farlo desistere definitivamente dall’adesione al comunismo.

 

I tre incontri chiave: don Giussani, Marcora e La Pira

A indirizzare in modo definitivo il suo orientamento ideologico e politico saranno tre incontri fondamentali: quello con Don Giussani, quello con Giovanni Marcora, futuro Ministro dell’Agricoltura, e infine il rapporto con Giorgio La Pira. Al cosiddetto “sindaco santo” Cartotto dedicherà uno dei capitoli più sentiti del suo libro “Gli uomini che fecero la Repubblica. L’esempio dei maestri di ieri per ritrovare il senso della politica nell’Italia di oggi” edito ne 2012 da Sperling&Kupfer. In questo contesto definirà La Pira il volto beato della politica.

Cartotto incontrò La Pira ai convegni culturali promossi dal Comune di Firenze di cui la Pira era sindaco ed ebbe a che fare con lui per il lavoro svolto nella redazione del giornale “Politica” sempre di Firenze. La Pira costituì per Cartotto l’esempio perfetto di un’intensa spiritualità in grado di sposarsi pienamente con l’attività politica; una spiritualità che poteva capire solo chi, cristianamente, non anteponeva la dottrina del dio quattrino a quella del Dio trino. Cartotto a tal proposito amava citare il La Pira de: “Il pane, e quindi il lavoro, è sacro; la casa è sacra, non si tocca impunemente né l’uno né l’altra: questo non è marxismo, è il Vangelo”.  Inoltre di La Pira lo aveva sempre fortemente suggestionato l’aspetto che definiva “profetico” tanto che di “profezie” personali Cartotto da La Pira ne ricevette ben due. Una volta gli disse con un’aria ispirata di tenersi pronto, perché il Padre Eterno gli aveva dato delle spalle robuste in quanto avrebbe dovuto portare grossi pesi. Frase sibillina che Cartotto disse di aver compreso appieno solo dopo la sventurata esperienza berlusconiana che gli procurò tanti di quei guai di cui la salute fu solo l’ultimo e conclusivo accidente. Inoltre La Pira gli disse che lo vedeva bene nel ruolo di narratore delle vicende della Democrazia Cristiana e che un giorno ne avrebbe scritto la storia. In effetti i quattro libri scritti da Cartotto e specialmente “Gli Uomini che fecero la Repubblica” e “Brianza& Dc, una storia di popolo” di Bellavite Editore raggiungono questo scopo grazie ad una narrazione vasta, ma capace di entrare in maniera molto singolare nel dettaglio di personaggi e vicende legati alla Democrazia Cristiana. Negli altri libri “Gli occhiali di Machiavelli” e nell’ancora ricercatissimo libro “Operazione Botticelli, Berlusconi e la terza marcia su Roma” vi sono inoltre presenti delle analisi circostanziate su situazioni e persone, anche facenti parte della Democrazia Cristiana, che si situano in quella linea d’ombra e di passaggio tra la fine di un’epoca, la prima Repubblica, e l’inizio di quella nuova, inevitabile dopo il fenomeno di Tangentopoli.

Fu, però, Don Giussani ai tempi della militanza di Cartotto in Gioventù Studentesca a trasmettergli attraverso i suoi insegnamenti e l'esempio concreto, il senso del dovere e della responsabilità verso gli altri. Per Don Giussani la vita andava intesa come una missione e questa idea della “missione” sebbene in un campo variegato e complesso come quello della politica non ha più abbandonato Cartotto che tendeva, specie grazie alla sua esperienza nel Movimento Giovanile della DC a non dimenticare mai il platoniano mondo delle idee: per cui occorreva guardare in alto per poter risistemare il basso.

Quel basso che poi è stato il terreno su cui lavorare efficacemente con Giovanni Marcora, il cui senso della realtà e il pragmatismo erano noti. Marcora, imprenditore, fu partigiano, politico, e fondatore della cosiddetta Base, l’ala sinistra della DC. Grande uomo e statista, ottimo ministro dell'Agricoltura, per Cartotto fu una tragedia personale la perdita avvenuta a soli   60 anni di Marcora. Marcora ha rappresentato per Cartotto, indubbiamene l’elemento chiave della sua esistenza, il motore di quella svolta che attendeva fin da quando era un bambino povero e malaticcio. Marcora intuì subito la particolarità di Cartotto che per altro possedeva una cultura molto solida che a Marcora interessava approfondire e fu lui ad aprirgli concretamente la strada della politica perché aveva capito che quel tipo di attività era lo sbocco naturale per una personalità come la sua. Gli diede estrema fiducia, compiti importanti e responsabilità trasmettendogli i suoi valori che erano quelli della Resistenza, della difesa della Libertà, del rispetto e della tolleranza.  Per questo Cartotto ha sempre affermato che il concetto di una democrazia autoritaria è una contraddizione in termini e che non gli sarebbe mai appartenuto.

 

Il giornalismo, la formazione dei giovani e le battaglie sui diritti

Cartotto studia Scienze Politiche e scrive per “Il Giorno” di Italo Pietra e per “L’Italia” di Giuseppe Lazzati.  Forma e aiuta moltissimi giovani del partito, perché specie nei giovani in difficoltà economiche, ma promettenti e di brillante intelletto, tendeva sempre a rivedere se stesso. E sarà proprio all’interno dell’esperienza del Movimento Giovanile della DC che conoscerà la sua futura moglie, anche lei politicamente impegnata, Giuliana Ponti creando un sodalizio che durerà quasi cinquant’anni. Entrambi idealisti, appassionati di cultura, e con una forte tensione sociale e umanitaria, si sposarono nel 1970 e dedicarono molto del loro tempo ad aiutare i giovani impegnati in politica.

Nel 1968 Cartotto contribuisce con Pierluigi Castagnetti alla realizzazione del libro “La coscienza dice "no" (Gribaudi), una raccolta di saggi considerata il primo documento italiano nel quale studiosi, pubblicisti e uomini politici prendono nettamente posizione riguardo all'obiezione di coscienza. Trattare temi del genere significava, allora, rischiare il carcere, ma Cartotto ricorda che con Pierluigi Castagnetti trovarono l'adesione di tanti politici milanesi e non, come Giorgio La Pira, il senatore Marcora e Luigi Granelli solo per citarne alcuni.

Amico di Calabresi, Cartotto durante gli anni di piombo dirige il settimanale della DC milanese “Il Popolo Lombardo”. Calabresi è una figura che incide molto nella sua memoria: Cartotto in alcune interviste ha ricordato i caffè insieme, gli incontri alla Santa Messa e quello spirito quasi votato al martirio con cui Calabresi è andato incontro al suo destino.

Entrato nel Consiglio di Amministrazione di ATM Cartotto verrà preso di mira dalle Brigate Rosse che gli lasceranno incise in segreteria telefonica minacce nemmeno troppo velate e che gli faranno recapitare nella posta un proiettile. Paradossalmente Cartotto fu tra i pochi, come ha scritto nel suo libro “Gli uomini che fecero la Repubblica”, a dichiararsi favorevole a una qualche forma di accordo con le BR per liberare Aldo Moro. Quando ciò non avvenne e Moro fu barbaramente ucciso, si consumò per Cartotto un lacerante strappo rispetto a quella DC in cui aveva sempre creduto.

 

Ideologo pentito di Forza Italia: tra tradimenti, testimonianze in tribunale e fama mediatica

È noto che Cartotto ha avuto un ruolo importante nella storia della seconda Repubblica: è stato Infatti consulente politico di Silvio Berlusconi e ha lavorato all'operazione Botticelli che ha portato alla nascita di Forza Italia con la speranza di rifondare un grande centro che fosse animato dagli ideali migliori della Prima Repubblica; un grande centro somigliante a quella DC che aveva visto seppellire troppo frettolosamente senza onore e senza gloria.

Cartotto conobbe Berlusconi agli inizi degli anni ’70 quando era responsabile degli enti locali per la DC milanese. Il rapporto tra i due era quindi notevolmente antecedente ai fatti del ’94 che videro la discesa in campo del Cavaliere. Per Publitalia prima e per Forza Italia dopo Cartotto tenne molti corsi di formazione che a un certo punto divennero indispensabili per preparare la nuova leva politica di Forza Italia che proveniva, per la maggioranza, dalle aziende di Berlusconi stesso. Cartotto si è sempre opposto all’idea di mantenere una struttura aziendale e verticistica del partito ed era convinto che Berlusconi conquistato il potere avrebbe messo mano a questa architettura “provvisoria”.  In realtà ciò non avvenne mai perché Berlusconi, spinto forse da vari consiglieri interni, e probabilmente soddisfatto dell’equilibrio raggiunto che gli consentiva di mantenere il ruolo di “leader maximo” preferì lasciare le cose come stavano scegliendo di cambiare gli uomini e le donne che nel corso del tempo si sono alternati con diversi ruoli nel partito, piuttosto che dare una struttura diversa al partito stesso.

Per Cartotto, oltre il dramma politico di vedere la sua idea di ciò che Forza Italia doveva essere completamente distorta, si consumò anche il dramma personale di vedersi negare la promessa candidatura al Senato dopo tutto il lavoro svolto per mettere in piedi il partito; partito per cui svolse anche un il delicato ruolo di trait d’union tra l’interno, ossia Berlusconi e Dell’Utri, e l’esterno rappresentato da tutti i portatori d’interesse e il vasto mondo associativo a cui si voleva spiegare che cos’era la novità Forza Italia nel panorama politico di allora e perché sostenerla.  

Tradito nelle sue aspettative politiche e private, Cartotto rilascerà una prima intervista sull’effettiva origine della nascita di Forza Italia al Corriere della Sera, esplicitando il ruolo svolto da Bettino Craxi che diede il suo benestare a questa operazione presenziando fisicamente alla riunione determinante per decidere se procedere o meno con questa iniziativa. La notizia fece scalpore e generò intorno a Cartotto un clima pesante per cui gli arrivarono per un certo periodo anche telefonate minatorie in segreteria telefonica da presunti sostenitori del partito di Forza Italia.

Pur avendo mantenuto un profilo basso e molto nascosto su richiesta degli stessi vertici di Forza Italia che non gradivano che Cartotto, esponente della vituperata prima Repubblica, fosse visibile, l’importanza del suo ruolo venne subito intercettata dai vari magistrati che iniziarono a indagare su Dell’Utri e Berlusconi. Ezio Cartotto ha passato almeno vent’anni a testimoniare, sempre con la massima lucidità e onestà intellettuale, in vari tribunali d’Italia all’interno di processi delicatissimi senza avere alcuna protezione né umana, né politica perché ormai la rottura con Forza Italia era stata totale e reciproca. La sua posizione venne resa pubblica come è noto dal giornalista Marco Travaglio che lesse le testimonianze di Cartotto e le riportò nella famosa trasmissione televisiva Satyricon di cui Travaglio fu ospite su invito di Luttazzi che venne, come si dice in gergo, “silurato” seduta stante dalla Rai per gli argomenti trattati ritenuti politicamente scorretti.  

Da allora la fama di Ezio Cartotto è mediaticamente cresciuta perché considerato il personaggio chiave, sebbene operante dietro le quinte, della cosiddetta “Operazione Botticelli”. Molti hanno scritto su di lui in vari libri e testate giornalistiche, altri l’hanno intervistato costruendo sulla base delle sue testimonianze documentari e docufiction. Cartotto, invece, archiviata questa esperienza come fallimentare, a distanza di anni scriverà “Operazione Botticelli. Berlusconi e la terza marcia su Roma” (Sapere 2000 Edizioni, 2008), una rivisitazione critica, disincantata e a tratti ironica di quel periodo. Il libro sparì dalla circolazione con grande velocità appena uscito, perché pare che qualcuno abbia cercato di comprarne più copie possibili. Non se ne fece una seconda edizione perché l’editore morì prematuramente e con la sua morte la casa editrice chiuse i battenti. Cartotto preso da altri avvenimenti della sua vita non ci rimise mano, ma riuscì a recuperare, molti anni dopo, una piccola resa di libri in magazzino di Roma; libri attualmente in possesso della figlia che li vende e li spedisce ovunque fino a esaurimento affinché questo pezzo di Storia non venga dimenticato.

Con l’uscita della serie televisiva 1992 e seguenti ideata e interpretata dal noto attore Stefano Accorsi e incentrata sulla nascita di Forza Italia, il libro di Ezio Cartotto “Operazione Botticelli” è tornato in auge in quanto moltissimi giornalisti, ma anche persone comuni hanno chiaramente intravvisto in quella serie l’ispirazione al libro di Cartotto e nella figura di Leonardo Notte interpretato dallo stesso Accorsi, proprio la figura di Cartotto, sebbene l’evoluzione del personaggio Notte nell’invenzione e narrazione filmica sia poi tutt’altra rispetto a quella di Cartotto. Il libro è quindi diventato oggetto di ricerca frenetica da parte delle giovani generazioni e su Internet si trovano tutt’oggi speculatori che tentano di vendere il libro al triplo e perfino al quadruplo del suo prezzo contando sul fatto che ci sia un’unica edizione. Cartotto divenne per un periodo così celebre a causa di questa sovrapposizione con il personaggio di Leonardo Notte che non solo riceveva continue richieste di interviste dai giornalisti, ma venne addirittura fermato da diversi ragazzi che gli chiedevano l’autografo o volevano fare foto con lui perché dopo aver visto 1992, erano andati a cercare la vera faccia del protagonista della serie.

 

Il ritorno alle origini prima della morte: il sogno della Fondazione Marcora

In realtà Cartotto ha dedicato gli ultimi cinque anni della sua vita, prima di morire improvvisamente per covid il 26 marzo 2021, al progetto della Fondazione Marcora che avrebbe voluto essere un modo per perpetuare la memoria di colui che considerava il suo padre “spirituale” e per rimetterne in gioco i valori attraverso una serie di attività, anche formative.

Cartotto che ha dedicato moltissimo tempo alla formazione dei giovani in ambito storico e politico, avrebbe voluto attraverso la Fondazione continuare a esprimere questa sua vocazione e mettere a disposizione, usufruendo anche delle nuove tecnologie, le sue conoscenze.

La Fondazione nata formalmente non è mai diventata operativa causa la scomparsa di Cartotto che, però, ha raggiunto l’obiettivo di metterla in piedi. Probabilmente quando si è vicini alla fine, anche senza saperlo consapevolmente, si torna sempre dove si è stati felici e per lui il periodo migliore della sua vita era stato quello vicino a Marcora. Di Forza Italia non ha mai voluto nemmeno la tessera.

Elena Cartotto