Massimiliano Cencelli nasce a Roma nel 1936. Di suo padre, collaboratore di Pio XII, ricorda l’estrema semplicità. Proprio lui gli descriveva  il Papa di quegli anni bui come un uomo essenziale, che cenava in quei tempi con un bicchiere di latte, e che tradiva con i suoi collaboratori il dolore per quanto accadeva.

 

Gli anni belli e difficili della guerra. Il ruolo nella DC

Masimiliano Cencelli  ha raccontato (fonte   Vatican News) di aver spesso ascoltato in casa storie di tanti altri salvataggi di ebrei voluti e messi in atto dallo stesso Pio XII, a partire dalle centinaia di uomini nascosti come guardie palatine o delle donne accolte in palazzi del Vaticano o in conventi.

Una mattina – racconta – bussò alla porta un vecchio amico di mio padre e disse che i tedeschi stavano portando via tutti gli ebrei dal ghetto. Poi indicò il bambino e disse : “Questo è mio figlio”. E mio padre rispose senza indugio: “Entra”. Fu così che all’età di sette anni Massimiliano si trovò a vivere con un nuovo fratello sotto lo stesso tetto durante l’occupazione nazista di Roma. Quel ragazzino, Leone Terracina,  non ha dimenticato, come non lo ha fatto lo Stato di Israele che ha consegnato a Massimiliano Cencelli, non molti anni fa, la medaglia d’oro del padre e della madre, Armando e Luisa, insigniti del titolo di Giusti fra le Nazioni.

“Quando parliamo di umanità e di diversità religiose -  afferma Massimiliano Cencelli, pensando a quei momenti di grande solidarietà “- dobbiamo esser fermi nella convinzione che in ogni caso esiste una sola razza umana, il resto sono invenzioni di potere”. E delle religioni dice: “Non possono definirsi tali se non conservano umanità”.   

Negli anni seguenti post-bellici - il padre, che era stato l’autista personale di Pio XII, pensava per lui a un lavoro in Vaticano e l’affidò a Raimondo Manzini, direttore dell’Osservatore Romano, il quale, vista la sua passione per la politica, gli trovò un lavoro nella segreteria democristiana in piazza del Gesù.

Inizia da qui la lunga carriera politica di Massimiliano Cencelli nella DC. Diverrà un brillante ed ascoltato funzionario negli anni seguenti e, in particolare, sarà segretario di  Adolfo Sarti.  Successivamente diventerà collaboratore di Nicola Mancino,  prima che questi \ricoprisse la carica di Vicepresidente del CSM. Cencelli, non ha mai avuto grandi incarichi elettivi, se non quello di Sindaco  del Comune di Caldarola, un paesino agricolo di 1500 abitanti in Provincia di Macerata.

 

Quel nome ingombrante

Il suo nome, a partire dal 1981, è tirato in ballo dal solo archivio digitale dell’Ansa 799 volte in relazione al suo celeberrimo "manuale". Il termine "cencellismo" compare ufficialmente anche nella Treccani. Inoltre, non c'è intervista remota o presente in cui il giornalista di turno non chieda lumi sulla sua quasi pitagorica invenzione.

"Per vanità io dovrei essere contento che il mio nome continui a girare - dice in un'intervista al Fatto Quotidiano - però adesso basta".

Con spiccato senso dell'ironia, ma insieme con una punta di orgoglio, Cencelli racconta anche qualche aneddoto al riguardo. Berlusconi, la prima volta che glielo presentarono, a metà degli anni Novanta, gli chiese se era figlio dell’autore del codice. Gianni Letta corresse prontamente: «Manuale, Presidente, non codice». Cencelli, che a quel tempo curava le pubbliche relazioni del San Raffaele, gli rispose che l’autore era lui.

 

Il piccolo chimico della politica

Noi però non possiamo esimerci dallo spiegare ai lettori questo "congegno", affidandoci alle stesse parole del suo creatore, secondo un'intervista rilasciata ad  Avvenire il 25 Luglio 2003. «Nel 1967 Sarti, con Cossiga e Taviani, fondò al congresso di Milano la corrente dei ‘pontieri’, cosiddetta perché doveva fare da ponte fra maggioranza e sinistra. Ottenemmo il 12% e c’era da decidere gli incarichi in direzione. Allora io proposi: se abbiamo il 12%, come nel consiglio di amministrazione di una società gli incarichi vengono divisi in base alle azioni possedute, lo stesso deve avvenire per gli incarichi di partito e di governo in base alle tessere. Sarti mi disse di lavorarci su. In quel modo Taviani mantenne l’Interno, Gaspari fu Sottosegretario alle Poste, Cossiga alla Difesa, Sarti al Turismo e spettacolo. La cosa divenne di pubblico dominio perché durante le crisi di governo, Sarti, che amava scherzare, rispondeva sempre ai giornalisti che volevano anticipazioni: chiedetelo a Cencelli».

Ma entriamo nello specifico. Caratteristica di questo metodo era il doppio peso tra qualità e quantità. Cencelli aveva calcolato la forza di ogni corrente, tenendo conto delle percentuali ottenute ai congressi (queste cifre le aggiorna periodicamente) e aveva poi diviso in categorie di importanza decrescente i posti appetibili: i ministeri sono ripartiti in “grossissimi”, in “grossi”, “piccoli”, e “senza portafogli”. Tra i primi ci sono l’Interno, gli Esteri, la Difesa e il Tesoro per molto sempre in mani DC . La distribuzione dei posti diventava un problema matematico. Tra due correnti di uguale forza, se una avesse ottenuto un ministero “grossissimo”, avrebbe potuto avere, per esempio solo due sottosegretari. L’altra corrente, se avesse ottenuto un ministero di seconda categoria sarebbe stato compensato con un numero maggiore di sottosegretari, alcuni dei quali nei ministeri di prima categoria».

Era anche previsto un equilibrio nella rappresentanza geografica. Gli incarichi erano ovviamente assegnati a seconda della percentuale dei voti ottenuti dal partito e le correnti interne ottenevano gli incarichi che spettavano al partito in proporzione al numero di iscritti al partito e dai risultati congressi.

In un' Intervista  a Metropolitan  del 2021, Cencelli esterna tutto il fascino ed insieme la fatica del suo oscuro lavoro: “Alla fine sulla scrivania tenevo sempre una calcolatrice e un faldone aggiornato sulle fibrillazioni interne. Una vitaccia”.  E Continua così “C’è stato un momento in cui avevo un potere enorme: i posti di governo passavano tutti dalla mia scrivania. E un vicepresidente americano mi confidò che il mio sistema era utilizzato anche a Washington”.

 

La DC nel cuore e quella firma autografa di De Gasperi

“La prima tessera me l’aveva data proprio De Gasperi con la sua firma autografa e la scrittura di pugno del mio’ nome e cognome”. E  prosegue:  "Abitavamo a due passi, di fronte al Vaticano”. Mio zio era segretario della sezione Borgo. Io avevo solo 15 anni e lui chiese proprio allo Statista di fare un'eccezione.

"Sono questi i grandi ricordi della vita",  dice Cencelli con le lacrime agli occhi in un’intervista dei primi del nuovo secolo, non più il suo ormai.

Franco Banchi