Eravamo nel 1957 quando davanti alla Città dei Ragazzi di Don Mario Rocchi a Modena (ci abitavo davanti) si fermò un’auto preceduta da due carabinieri in motocicletta.
La nostra attenzione di bambini fu più attirata dalla bellezza di quelle moto, che dal personaggio sceso dall'auto ministeriale, l'allora Ministro del Tesoro Giuseppe Medici, eletto per la Democrazia Cristiana nel suo Collegio Senatoriale di Sassuolo - Castelnovo Monti.
Per i grandi il Senatore - Ministro era già una leggenda, si favoleggiava (allora non c'erano le Regioni) che " dove la barba volge il sole illumina ", facendo riferimento al suo pizzetto ben curato che poteva decidere lo sviluppo di zone depresse se qualcuno riusciva a rivolgere il suo sguardo in quella direzione.
Poi naturalmente i maligni, che anche allora esistevano in tutti i partiti, lo avevano soprannominato " il Mestatore Sedici " con un ironico anagramma che ne sottolineava l' intraprendenza e la capacità di intervento.
E in effetti non è facile riassumere in poche righe la biografia di un uomo (Sassuolo 24 ottobre 1907, Roma 21 agosto 2000), proveniente da umili origini, che fu docente universitario di agraria, Senatore dal 1948 al 1976 per la Democrazia Cristiana (un liberale prestato alla DC, diceva lui), Ministro poi dell'Agricoltura, Tesoro, Bilancio, Pubblica Istruzione, Riforma della Pubblica Istruzione, Affari Esteri, e, terminato l'impegno parlamentare Presidente della Montedison.
Se avessi poi molto più spazio a disposizione dovrei aggiungere paginate di pubblicazioni scientifiche in materia agricola forestale, la partecipazione nel comitato scientifico di varie associazioni e, en passant, la Presidenza nel 1974 della Conferenza Mondiale dell'Onu per i problemi della fame nel mondo.
Chiedo adesso al lettore un attimo di pausa e pensare per un attimo a un certo Beppe Grillo, quello che ha convinto quasi un terzo degli italiani che il Parlamento andava riempito di analfabeti (ma ... onesti...), e alla abissale differenza per capacità e professionalità tra gli uomini della Prima e quelli delle successive Repubbliche.
Chiusa parentesi, c’è ancora qualcosa di importante da dire del nostro Professore, Senatore e Ministro, e cioè che era un gran Signore a suo agio con i grandi della terra e sempre in dialogo ed in ascolto rispettoso anche con l' ultimo dei suoi elettori emiliani divisi tra montagna e pianura.
Questo non lo dico per sentito dire ma perché ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente quando era parlamentare e continuare a frequentarlo successivamente quando parlamentare ero io e lui non lo era più.
Devo aggiungere allora che ogni incontro era un piacere perché a tutto quello che ho scritto Giuseppe Medici aggiungeva una sterminata cultura umanistica, che permetteva all'interlocutore di trovarlo pronto a ogni citazione letteraria e a ogni riferimento storico, uscendo da ogni dialogo con lui arricchiti e grati che quel pizzetto si fosse rivolto verso di te.
Carlo Giovanardi