LE ULTIME BATTAGLIE DI DE GASPERI
Il percorso europeo che sembrava aver imboccato la strada giusta, vide una brusca e improvvisa frenata in particolare a causa delle vicissitudini nazionali che si susseguirono. Sul piano internazionale il 5 marzo 1953 moriva Stalin e la nuova guida sovietica nelle mani di Kruscev, delineò uno scenario più distensivo sia nei rapporti con gli americani sia con l’Europa, rendendo la necessità dell’esercito comune meno impellente.
Sul fronte americano l’elezione del Presidente Eisenhower e la nomina di John Foster Dulles al Dipartimento di Stato, spingevano gli Stati Uniti a stimolare il dibattito europeo e la firma della ratifica da parte dei 6. Infatti la Comunità europea di difesa era stata definita come un organismo complementare delle comunità Atlantica nel quadro della quale era definita la politica generale di difesa dell’alleanza occidentale.
L’Olanda fu il primo paese a ratificare la CED con un percorso parlamentare molto concreto che fin dalle prime battute trovò anche il pieno appoggio della Regina; anche il Belgio iniziò i lavori di ratifica e nonostante qualche rilievo sulle norme costituzionali in vigore, il Parlamento la votò ad ampia maggioranza e in Lussemburgo il trattato venne ratificato il 3 aprile 1954. In Germania l’opposizione ad Adenauer sollevò alcuni appunti sui termini costituzionali che, una volta superati e anche grazie all’ampia vittoria elettorale del cancelliere tedesco, videro sia il Bundestag che il Bundesrat favorevoli alla ratifica finale.
In Francia questioni politiche interne indebolirono la posizione di Schuman che dopo la caduta del governo di Antoine Pinay e il nuovo incarico al radicale René Mayer, fu sostituito agli Esteri da Georges Bidault. Il governo Mayer, su pressione dei gollisti, promosse otto protocolli addizionali al Trattato CED.
La linea nazionalista che si stava riaffermando in Francia puntava a trattare la questione della CED contestualmente ad altri temi come la questione della Saar e la partecipazione di americani ed europei all’impegno in Indocina. Nonostante l’accoglimento da parte degli altri Stati delle richieste francesi sui protocolli aggiuntivi, il 21 maggio cadde il governo Mayer sia per problemi di politica interna ma anche per le iniziative di politica estera. La debolezza governativa per la ratifica del trattato andò crescendo nei mesi successivi, prima con il Premier Laniel e poi con il governo guidato da Mendès France.
Un tema caldo per la Francia era la questione indocinese che si concluse il 21 luglio 1954 con i trattati di Ginevra e quasi certamente il sostegno russo alla Francia, spinse ulteriormente i francesi ad indebolire la loro azione sulla CED. Il 19 agosto 1954 si ritrovarono i rappresentanti dei Governi a Bruxelles e la Francia presentò nuove richieste che dopo ampie discussioni, i Ministri degli Esteri non accettarono.
A questo punto Mendès France consegnò nelle mani dell’Assemblea nazionale il Trattato per la CED senza porre la questione di fiducia e quindi prendendo le distanze dalle sorti del Trattato che inevitabilmente il 30 agosto 1954 venne respinto decretando la morte prematura della CED.
In Italia, il 13 dicembre 1952, il governo De Gasperi depositava alla Camera dei Deputati il disegno di legge per la ratifica del Trattato e per accelerare i tempi della discussione, la Camera poneva l’analisi del testo sotto un’unica commissione speciale comprendente esteri, difesa e tesoro. La convinzione di De Gasperi che il percorso era comunque sulla buona strada si evince da quanto dichiarava alla Delegazione CED il 5 febbraio 1953: “Nella esposizione della posizione italiana che è stata da me fatta a Dulles e Stassen nel corso del colloquio confidenziale in data 31 gennaio ho sottolineato nuovamente l’impostazione nettamente europeistica della politica italiana ricordando – tra l’altro – la parte avuta dall’Italia nelle iniziative tendenti alla costituzione di una Autorità politica comune. Per quanto concerne la CED ho osservato che la parola decisiva spetta, a questo punto, ai Parlamenti nazionali. Il Governo italiano, per quanto lo concerne, farà tutto il possibile perché siano superate eventuali dif icoltà. In merito ai protocolli aggiuntivi ho detto che siamo disposti ad esaminarli con favore; mi è stato del resto assicurato da Bidault che essi non contengono sostanziali cambiamenti. Vorremmo comunque che la loro approvazione permettesse la fondata previsione che gli accordi verranno ratificati in seguito dal Parlamento. In linea generale ho infine raccomandato che da parte americana si continui a dare tutto l’appoggio agli sforzi per la Federazione europea dando alla Francia ogni garanzia possibile ed incoraggiando la politica europeistica di Adenauer; per quanto riguarda infine l’Italia, aiutandoci a risolvere i nostri problemi – quali Trieste – af inché ci sia possibile dedicarci alla costruzione dell’Unità europea”.
Un rapporto con gli alleati che sembrava solido e che ancora una volta cercava nell’asse franco - italiano la spinta definitiva alla conclusione degli accordi. De Gasperi in queste sue frasi non mancò di sottolineare due passaggi fondamentali che se pur accennati, evidenziano quanto fossero importanti. In primo luogo che ora era il parlamento a doversi assumere la responsabilità della ratifica del lavoro fatto dai governi e in secondo luogo, quanto per l’opinione pubblica italiana fosse ancora pressante la definizione della situazione di Trieste.
I lavori della commissione si conclusero il 5 marzo e l’inaspettata decisione di De Gasperi di attendere la presentazione al Parlamento del progetto di ratifica, significava quanto fosse incerta la situazione politica interna in quei brevi frangenti. Si aggiunga inoltre che De Gasperi preferiva attendere anche la conclusione delle trattative sui protocolli addizionali richiesti dalla Francia, per non trovarsi in difficoltà durante una discussione che si sarebbe certamente vissuta in modo molto acceso. Ma la questione che scaldava gli animi politici italiani in quei mesi, riguardava le elezioni che si sarebbero tenute nel giugno del 1953 e soprattutto la modifica alla legge elettorale che veniva proposta dalla maggioranza.
Tra la fine del 1952 e l’inizio del 1953 questa discussione divenne per De Gasperi motivo di preoccupazione soprattutto per le ripercussioni che avrebbe potuto avere nel cammino della ratifica del Trattato e che quindi ne giustificarono il suo attendere; scrisse infatti al segretario di Stato Americano Dean Acheson il 24 marzo 1953: “Non ho bisogno di assicurarLa che la realizzazione della Comunità europea di Difesa resta sempre in primissima linea fra gli obiettivi del Governo italiano. Avevo il fermo proposito dopo che il Trattato è stato – come Ella sa – approvato con larga maggioranza dall’apposita Commissione della Camera (il che è già un notevole risultato, che ha il suo valore) di portare il dibattito in seduta plenaria. Ma l’ostruzionismo svolto in Senato dall’opposizione contro la riforma elettorale – legge questa di cui sono sicuro che gli ambienti parlamentari e l’opinione pubblica americana apprezzano tutta la speciale importanza – domina in questo momento tutta la situazione politica ed anche i nostri sforzi e li assorbirà ancora certo per tutto il tempo disponibile prima dello scioglimento della Camera. … chi ancora ne avesse – alcun dubbio sulle intenzioni del Governo italiano e sul perdurare del nostro fermo proposito di adoperarci al massimo affinché al più presto possibile gli Accordi CED ottengano la sanzione del Parlamento, trasferendo, quando occorra, la trattazione del disegno di legge dalla Camera al Senato”.
In questa fase di stallo sul trattato della CED, fu la bozza di statuto della CPE - Comunità politica Europea ad essere posta al centro del dibattito politico internazionale e su cui De Gasperi concentrò il proprio lavoro mentre contemporaneamente si impegnava nella difficile campagna elettorale italiana. La bozza approvata dall’Assemblea “ad hoc”, integrata anche con una parte relativa all’integrazione economica che era stata proposta dagli Olandesi, fu consegnata ai Governi e De Gasperi era convinto che i ritardi sulla CED non dovevano ulteriormente ripercuotersi anche sullo statuto della CPE.
L’immediato dibattito a seguire la consegna della bozza, si concentrò sulle modalità e sui tempi con cui si sarebbe dovuto proseguire nell’analisi del testo con una posizione proposta dall’Italia in cui fossero i Ministri degli Esteri e la Segreteria del Consiglio dei Ministri della Comunità in carica a proseguire i lavori. Negli incontri di maggio a Parigi, sia De Gasperi che Adenauer, trovarono negli alleati francesi e nei rappresentanti dei paesi del Benelux molte riserve e difficoltà nella prosecuzione dei lavori e le riunioni che si susseguirono in quei giorni misero a dura prova le capacità diplomatiche dello statista trentino che con tenacia sosteneva la sua battaglia.
Il risultato fu comunque ottenuto e i 6 si accordarono nel far partire a giugno in Italia la conferenza intergovernativa sulla CPE. La caduta del Governo francese di Mayer fece però rinviare l’inizio dei lavori e la spinta di De Gasperi perse forza a causa del risultato elettorale delle elezioni del 7 giugno 1953 e delle successive ripercussioni a livello governativo italiano. La Democrazia Cristiana uscì indebolita dalle urne con un risultato che non poté sfruttare il premio di maggioranza previsto nella tanto discussa legge elettorale.
La sconfitta elettorale della DC e il rafforzamento delle sinistre, fecero naufragare i due timidi tentativi che De Gasperi tentò per una proposta governativa di continuità. In questo frangente, tra il giugno e l’agosto 1953, De Gasperi tentò comunque di sollecitare i partner europei a non abbandonare il progetto della CPE ma i timori e le perplessità presero il sopravvento facendolo sostanzialmente naufragare.
Il 19 agosto 1953 si insediò il Governo di Giuseppe Pella che non ricomprese De Gasperi nella compagine ministeriale e cambiò linea in politica estera legando la volontà italiana di proseguire sulla CED solo in cambio della soluzione della questione di Trieste. De Gasperi fu rieletto alla guida della DC il 28 settembre impegnandosi per un riposizionamento del partito sulle posizioni federaliste.
Partecipando alla conferenza del Movimento Europeo convocata all’Aja il 10 ottobre 1953, rimarcò quanto la sfida europea fosse una strada verso un miglioramento della società: “Tutta la nostra costruzione politico-sociale presuppone un regime di moralità internazionale. I popoli che si uniscono, spogliandosi delle scorie egoistiche del loro crescimento, debbono elevarsi anche ad un più fecondo senso di giustizia verso i deboli e i perseguitati. Lo sforzo di mediazione e di equità, che è compito necessario dell’autorità europea, finirà col darle un nimbo di dignità arbitrale che si irradierà al di là delle sue giuridiche attribuzioni e ravviverà le speranze di tutti i popoli liberi.”
De Gasperi continuò nella sua opera agendo dall’esterno del governo ma cercando anche di stimolare i nuovi membri a continuare il suo lavoro e in particolare cercò di riportare l’attenzione sulla CED nel dibattito parlamentare. Nonostante il governo Scelba, insediatosi il 10 febbraio 1954, fosse riuscito a far riapprovare nelle commissioni parlamentari gli accordi per la CED, questi non vennero più discussi in parlamento a causa del voto negativo francese.
Un De Gasperi gravemente malato e lontano dai luoghi delle discussioni politiche, con le ultime forze cercò di far riprendere vigore alle speranze che si stavano infrangendo per l’incapacità diplomatica della governance italiana e per una Francia ormai in mano a nazionalisti e conservatori contrari al progetto europeo.
Enrico Galvan