IL PIANO PLEVEN E L’IMPEGNO PER LA COMUNITÀ EUROPEA DI DIFESA
Nello stesso periodo in cui si lavorava alla costituzione della CECA, divenne pressante il dibattito sulla questione della difesa comune a causa di una serie di circostanze che avvenivano sul piano internazionale. Il principale fu lo scoppio nel 1950 della guerra di Corea causata dall’invasione della Corea del Sud, alleata con gli Americani, da parte della Corea del Nord radicalmente comunista.
Una trasformazione bellica della guerra fredda che preoccupava molto per la possibile estensione del conflitto in quanto gli Stati Uniti, affiancati da altri 17 Paesi, si mossero militarmente a favore dell’alleato per poi contrattaccare e successivamente ripiegare visti gli interventi di Cina e Russia. Un lungo periodo di cambi di fronte che alla fine dei 3 anni di guerra confermò la divisione della Corea.
Quanto accaduto all’estremo del continente asiatico, mosse le forze Europee nel condividere la necessità che l’istituzione di un Esercito Comune fosse la risposta ad una plausibile azione comunista anche verso occidente. Allo scoppio della guerra coreana nel 1950, nel contesto degli Stati del Patto Atlantico, l’America rilevava fondamentale la costituzione di un progetto di difesa europeo e propose un piano denominato “one package”.
La proposta prevedeva un esercito compartecipato dai vari Stati, sotto il comando degli americani e composto da 60 divisioni di cui 10 tedesche con il contestuale riarmo della Germania. Su quest'ultimo punto la Francia si oppose fermamente e la situazione di stallo proseguì fino a quando il Premier francese Pleven annunciò che il loro Governo si sarebbe impegnato per creare un vero e proprio esercito europeo. I
Il Piano Pleven prevedeva la costituzione di un esercito composto dai vari Stati europei da porre sotto il controllo di un’autorità sovranazionale, sulla falsariga di quanto stabilito per il progetto della CECA. Il piano fu presentato da Pleven nel mese di ottobre e a Parigi, nel febbraio del 1951, ne iniziò l’analisi con Francia, Italia, Germania, Belgio e Lussemburgo, mentre i Paesi Bassi inizialmente aderirono come osservatori e solo successivamente come Stato partecipante. In questo contesto il ruolo di De Gasperi e dell’Italia fu determinante per ridefinire una strategia che, anche attraverso questa nuova spinta di unione tra stati, ambisse ad obiettivi più lungimiranti e non puramente funzionali al problema specifico.
Con il settimo governo De Gasperi, che si insediò nel luglio del 1951, lo statista trentino assunse nuovamente l’incarico anche di ministro degli Esteri per dare il proprio diretto contributo a questa delicatissima fase internazionale. Durante i mesi successivi, sia nei confronti della politica interna che nei colloqui e dialoghi internazionali, De Gasperi si dedicò appieno a far convergere gli interessi internazionali sul progetto europeo. Una strada molto complessa perché ribaltava la storica concezione centralista e statalista trovando negli interlocutori e anche in alcuni suoi collaboratori, ancora delle resistenze e riluttanze.
Nel discorso tenuto a Strasburgo all’Assemblea del Consiglio d’Europa il 10 dicembre 1951 dichiarò: “So bene che questo ideale europeo non è ancora abbastanza radicato nelle folle: non c'è che una parte di uomini politici, pensatori ed idealisti, i quali riescano a sottrarsi alla cura quotidiana dei problemi della ricostruzione dei loro paesi per rivolgere i propri sforzi alla preparazione di un avvenire comune. Voi, signori rappresentanti, siete di questo numero in virtù di mandato che avete ricevuto dai vostri colleghi eletti come voi dal popolo. Ora, benché in Italia questa idea debba fare ancora strada e debba essere oggetto di approfonditi dibattiti in Parlamento, oso qui innanzi a voi esprimere la speranza che, conformemente allo spirito della Costituzione, la Nazione Italiana, se pur uscita spoglia dalla guerra, sarà disposta ad accettare dei limiti ragionevoli alla sua sovranità nazionale, in unione con le altre nazioni europee, se può ciò servire ad allargare il campo del suo slancio vitale.”.
L’iniziativa puntuale da parte di De Gasperi si concentrò particolarmente sull’inserimento all’interno dell’atto costitutivo della Comunità Europea di Difesa CED, di uno specifico articolo (l’articolo 38) che avrebbe posto le basi per una vera Costituente Europea accettata dai 6 Stati sottoscrittori. Si prevedeva la costituzione di un’Assemblea da eleggere su basi democratiche, con il compito di strutturare un progetto di Statuto istituente una Comunità politica europea.
I lavori proseguirono celermente e in quanto alla composizione dell’Assemblea, i ministri, per evitare il moltiplicarsi delle istituzioni, optarono a favore del mantenimento di un solo organo rappresentativo per la CED e per la CECA, composto da 18 delegati per Italia, Francia e Germania federale, 10 per Belgio e Paesi Bassi e 4 per il Lussemburgo. Fu stabilito che anche la Corte di giustizia si sarebbe identificata con quella della CECA e che le sedi delle nuove istituzioni sarebbero state fissate solo dopo la ratifica del Trattato.
Il 23 maggio i ministri degli Esteri si riunirono a Strasburgo per definire gli ultimi accordi e si rafforzò il patto con Stati Uniti e Gran Bretagna che si impegnarono a considerare qualsiasi minaccia contro la CED, una minaccia diretta contro la propria sicurezza e a mantenere in Europa un contingente militare per assicurare la difesa dei territori della NATO e l’integrità della CED stessa. Il 27 maggio 1952, i ministri degli Esteri dei sei paesi partecipanti alla Conferenza di Parigi firmarono il trattato istituente la Comunità europea di difesa che ora doveva passare alla fase della ratifica di ogni singolo Stato.
De Gasperi così si pronunciò a Strasburgo all’Assemblea del Consiglio d’Europa il 15 settembre 1952: “Ma soprattutto nel nostro lavoro, è la volontà politica di realizzare l'Unione Europea che deve essere il fattore determinante, la forza di propulsione. La cooperazione economica è necessariamente un compromesso fra le esigenze autonome naturali di ogni partecipante e una volontà politica superiore. Se la realizzazione della solidarietà economica europea dovesse dipendere dalle formule di compromesso elaborate dalle dif erenti amministrazioni interessate, questo ci condurrebbe molto probabilmente a debolezze e a contraddizioni. E’ la volontà politica unitaria che deve dunque prevalere. E’ l'imperativo categorico che bisogna fare l'Europa per assicurare la nostra pace, il nostro progresso e la nostra giustizia sociale che deve innanzitutto servirci di guida. Ed ecco la ragione per cui come ho già detto, la Comunità di Difesa deve essere il nucleo centrale intorno a cui devono sorgere e svilupparsi gli altri legami federali e confederali che si stabiliranno tra gli stati nazionali, questi restando sempre dei corpi animati da una vitalità propria e originale, da una vitalità che sarà trasmessa soltanto in parte a una amministrazione centrale comune ed elastica”.
Enrico Galvan