Con sondaggi che danno il partito di Giorgia Meloni oltre il 30%, qualche amico, anche tra coloro che si dichiarano “Popolari” di questa o quella regione d’Italia e che hanno, verosimilmente, votato per FdI, si illudono di aver trovato la loro nuova DC.
Il recente incontro romano con il leader tedesco del PPE, Weber, ha favorito tale convincimento. Stessa illusione già patita al tempo in cui Berlusconi, sollecitato da Sandro Fontana e da Don Gianni Baget Bozzo, decise di portare Forza Italia ad aderire al PPE, diventando il principale partito “moderato” italiano presente nel Partito Popolare Europeo.
In realtà, strada ben diversa fu fatta nelle varie realtà regionali, a cominciare dal Veneto, dove i leader di Forza Italia, liberali e/o socialisti, iniziarono una sistematica battaglia contro i vecchi DC. Anche nella destra nazionalista e sovranista a guida meloniana, chi sta assumendo un ruolo dominante, non sono certo i supporters esterni ex DC, come Cesa e Rotondi, tranne l’ex governatore pugliese, Fitto da tempo del partito dei conservatori europei, ma il cognato “del Presidente”: l’on. Lollobrigida, deus ex machina di tutto ciò che oggi ruota attorno alle nomine del potere governativo.
Nella nostra secolare storia ci sono sempre state correnti e movimenti di pensiero e di azione conservatori, fin dall’Opera dei Congressi. Basterà ricordare il ruolo svolto dalla destra clericale e filo fascista dei Cavazzoni e Tovini, al tempo di Sturzo del congresso di Torino del 1923.
Certo, se una parte non indifferente di ex DC nelle ultime elezioni politiche ha scelto di votare a destra, qualche autocritica seria dovremo pur farla, specie noi che, dal 1993 e nella lunga stagione della diaspora DC, abbiamo tentato, sin qui senza successo, di batterci per la ricomposizione politica dell’area cattolico democratica e cristiano sociale.
L’assenza di un’alternativa credibile al centro della politica italiana, ispirata dai valori della dottrina sociale cristiana e dalla fedeltà ai principi costituzionali, ha favorito, da un lato, la grande astensione dal voto (quasi il 50% degli elettori) e, dall’altro, stante l’assenza di una reale e credibile alternativa a sinistra, dopo una lunga stagione di governo largamente insufficiente della stessa, la maggioranza relativa alla coalizione di destra centro, e al ruolo dominante del partito della Meloni.
Se, come ho scritto nelle mie ultime note, non si riesce a mettere in moto la macchina tra le diverse realtà di area in sede nazionale, è indispensabile partire dalla base, come ha anche scritto Armando Dicone su “Il domani d’Italia” il 13 gennaio, nella quale vanno promossi comitati civico-popolari di partecipazione democratica tra le diverse realtà presenti di area cattolico- democratica e cristiano-sociale. Non si tratta, come ben ha scritto Dicone, di costruire l’unità politica dei cattolici (mai esistita, nemmeno al tempo della DC storica), ma di favorire quella “dei Popolari di centro”.
Essenziale sarà chiarirci tra di noi sul caso di Fratelli d’Italia. Questo partito non è e non potrà mai essere una nuova DC, dato che le sue radici etico culturali e politico organizzative sono distanti anni luce dalla nostra storia e tradizione etica, culturale, sociale e politica.
I riferimenti culturali dell’on. Meloni, per quanto si è potuto sin qui comprendere, dalle sue dichiarazioni pubbliche o dalla lettura del suo libro autobiografico: “Io sono Giorgia. Le mie radici, le mie idee”, non sono, né potranno mai essere le nostre.
Difficile, se non impossibile, trovare elementi di omogeneità culturali tra chi si considera erede della tradizione sturziana e degasperiana, con una leader che a Julus Evola, così caro alla cultura neofascista almirantiana e missina, ha deciso di scegliere Roger Scruton, filosofo conservatore morto nel 2020 o lo scrittore della “Filosofia infinita”, Micheal Ende, inventore del protagonista, il piccolo Atreju, nel riferimento al quale, Fratelli d’Italia ogni anno organizza il suo incontro di approfondimento formativo.
Gli eredi della Democrazia Cristiana, lontani da queste ideologie, hanno come riferimenti essenziali, gli orientamenti pastorali della dottrina sociale cristiana, dalla Rerum novarum alle ultime encicliche sociali di Papa Francesco: Laudato Sì' e Fratelli Tutti e i principi di solidarietà e sussidiarietà scritti dai nostri padri fondatori nella Costituzione Repubblicana.
Il nostro vero compito è e sarà proprio quello di tradurre nella città dell’uomo quei principi, adattandoli alle esigenze di questo difficilissimo tempo della globalizzazione dominante. Dobbiamo rifuggire da ogni facile tentazione di ridurci al ruolo di ruota di scorta della destra o della sinistra italiana, ma, semmai, impegnarci, a partire dalle nostre realtà locali, a favorire la ricomposizione al centro della nostra area cattolico democratica e cristiano sociale. Il tempo della diaspora e della nostra Demodissea finirà, se ciascuno di noi si farà portatore di questa necessità e sostenitore di questo impegno.
Ettore Bonalberti