Tempo di elezioni. I candidati, per lo più sconosciuti si affannano per farsi notare. Volti sorridenti, assicurazioni importanti, convinzione d’essere gli autentici rappresentanti del popolo. Gli outsiders del destino. Tutti carini, ben vestiti, accattivanti. La farsa degli sconosciuti o quasi continua.
I “grandi” partiti hanno fatto di tutto per nascondersi. Forse si vergognano. Le liste civiche troneggiano. Perfino il Segretario del PD si presenta a Siena con una lista civica e non con il nome del suo partito.
La sensazione è che nessuno voglia vincere, anche se queste elezioni, le ultime prima di quelle nazionali, sono un test sulle preferenze degli elettori. Un test sbagliato perché alle amministrative si dovrebbe parlare di assetto urbano, di fogne, di strade, di esondazioni, d’incendi, di migliorare la raccolta dei rifiuti, di approvvigionamento idrico, di green pass e così via. Si parlerà, invece, d’immigrati, di Afghanistan, di Draghi, di diritti civili. Tutte cose che interessano relativamente il cittadino che va a votare per il rinnovo delle amministrazioni locali.
In verità, sul territorio, il famoso territorio di cui tanto si parla, i politici non sanno nulla e preferiscono vagheggiare quelle grandi cose che non faranno mai o che dipendono da ben altri fattori.
La giovane Greta Tunberg, fra le molte cose che dice, ha affermato una grande verità: i politici di tutto il mondo, sull’ambiente, negli ultimi trent’anni hanno fatto solo bla, bla, bla.
I nostri hanno fatto anche peggio. Innovare, ristrutturare, pensare al futuro, significa avere idee, licenziare e creare nuovi posti di lavoro, quasi sempre non con le stesse persone. Significa perdere voti. Queta non movere. Ma con l’immobilismo non si va avanti. È la natura stessa che si vendica.
Come andranno le elezioni, ovviamente, è una grande incognita. Tutti le vogliono e tutti le temono. Prendiamo il caso di Roma. È universale la constatazione del degrado della città. Forse non è colpa della Raggi e, comunque, non soltanto della Raggi. Ma i cittadini avrebbero il diritto di non vivere accanto a cumuli di spazzatura. Non è una questione politica, ma d’igiene e di decenza.
Come finirà? Solo politicamente. Azzardo una previsione. Vinceranno le destre al primo turno. Al ballottaggio, tutti si coalizzeranno contro le Destre e tornerà a governare la Raggi. Vincerà la politica, non l’interesse dei cittadini a una buona amministrazione.
D’altro canto, sarebbero buoni amministratori quelli portati avanti dalle liste di destra? Ne dubito. E il marasma continuerà, per la gradevole vita dei gabbiani, dei ratti e dei cinghiali che frequentano la capitale e ci si trovano sempre meglio.
Draghi ha annunciato la candidatura di Roma per l’Esposizione universale del 2030. Se la candidatura sarà accettata, forse ci sarà una svolta nel tessuto urbanistico della città. Il 2030, per fortuna, è ancora lontano e gli appetiti non si sono ancora scatenati. Alle prossime amministrative di Roma si presenteranno tutti i lupi e gli orsi e gli sciacalli del sistema. L’abbiamo visto con la pandemia.
Draghi dà fastidio a tutti. È troppo serio, non indulge in battute, sembra scevro da compromessi. Tira dritto per la sua strada. I partiti, con lui, sono morti. I piccoli e piccolissimi leaders sono fuori gioco: qualche scandaletto, tanto per ravvivare le pagine dei giornali, e poi, il nulla.
Lo sport nazionale è se Draghi andrà o non andrà al Quirinale. I pronostici sul dopo Draghi sono fantasiosi e lambiccati. C’è chi lo vuole ancora come Presidente del Consiglio. Altri lo invocano alla Presidenza della Repubblica.
Sottostante è il timore di dove possa fare più danno. Traduco: quanto possa nuocere a questi partiti la sua futura gestione dello Stato o della Repubblica. Meno sottostante è la speranza che le cose così vadano avanti fin dopo le elezioni nazionali, che sono un’altra incognita.
Molti auspicano, infatti, un biennio di proroga di Mattarella (pensate, pure Casini si candida per una Presidenza di transizione!), così Draghi continua a governare con il Recovery Fund e alle future elezioni nazionali si farà la conta tra chi c’è e chi non c’è (e saranno parecchi).
In effetti, a pensarci bene, non è bella l’idea di un Presidente della Repubblica eletto per sette anni da un Parlamento in doppia agonia (perché prossimo alla scadenza e che al rinnovo sarà diminuito di un terzo).
Intanto, fra uno scandalo e un altro, fra un disastro ambientale e un altro, continua lo stillicidio delle morti bianche. Continua la farsa dell’Alitalia, continua la tragedia di Taranto. La nave è piena di buchi. Non bastano le mascherine a turarli, tantomeno i bla, bla, bla.
Stelio W. Venceslai