Che l’Europa si preoccupi delle case green mi dà il voltastomaco. Quali case? Quelle che saranno distrutte dai droni di un nemico qualunque se l’Europa non sarà in grado di difendersi?  La situazione internazionale è molto delicata, dall’Ucraina al Medio Oriente, dallo Yemen alla Nigeria. Questa è una terza guerra mondiale strisciante. Cosa ci vuole per capirlo?

In Palestina c’è una situazione bollente, a nord, ad est e ad ovest.  La Striscia di Gaza è sotto pressione da mesi con decine di migliaia di morti, perlopiù civili. La gente muore di fame e il Ramadan, grazie a Netanyahu, l’hanno cominciato un paio di mesi prima del dovuto.  Ora, piove sul bagnato, ma non è pioggia. Sono bombe.

In Cisgiordania un giorno sì e un altro pure c’è un attentato, nel sud del Libano s’infittiscono i bombardamenti dall’una all’altra parte. Non è una guerra? Israele, anche se invade territori non suoi, è assediata. Finirà malissimo, se continua così.

In Ucraina sono disposti a morire però hanno bisogno di munizioni. Altrimenti è fatta.  I Russi avanzano e l’Ucraina è strangolata.  A chi toccherà, dopo, la russofilia di Putin? Al Baltico o al Nistro? Questa è una guerra senza tregua, vera, senza armistizi, senza accordi di pace, senza soluzioni. Una storia infinita. 

Nel Mar Rosso gli Houthi sparano droni sul traffico da e per l’Occidente europeo. L’Europa è al fronte con qualche nave militare mi sembra che nessuno se ne accorga. È un conflitto minore. La scusa  è che difendiamo Israele e quindi, giù droni per bloccare i traffici verso Suez. Non è guerra anche questa?

In tutto questo casino l’Europa si gingilla con le case green, Tik Tok e la transizione ecologica. Sembra di sognare. I principi sono belli, ma gli interessi sono un’altra cosa. Sui principi si aprono discussioni forbite e domande cruciali. Sugli interessi no. Esistono e vanno tutelati altrimenti, addio anche ai principi.

Si prospettano iniziative al 2040, tranquilli, come se fossimo sicuri di arrivarci. Il divario tra la realtà che viviamo e quella che si preconizza a Bruxelles è enorme. Stanno sulla luna. Mi ricordano certi film western di basso conio, con i banditi che stanno per arrivare e nel villaggetto oggetto di razzia si fa festa, con musiche e balli.

Se c’è qualcosa che l’Europa dovrebbe fare (si vis pacem para bellum), e in fretta, è organizzare una difesa comune. Se ne parla, questo è vero, ma i tempi sono stretti. La deterrenza NATO è insufficiente, anche se ora c’è dentro la Svezia. Se alle prossime elezioni di novembre vincesse Trump, la Nato come scudo diventa un foglio di carta.

Organizzare una difesa comune non è uno scherzo. Non si tratta di fare più divisioni sotto un comando unico. Occorre coordinare l’attività dell’industria bellica, diciamolo pure senza vergogne.

È necessario standardizzare gli armamenti, sviluppare la produzione di carri armati di ultima generazione, creare riserve strategiche di droni aerei e navali, dotarsi di una potente aviazione di caccia-bombardieri, coordinare la produzione missilistica, sviluppare le tecnologie per la guerra elettronica, verificare la disponibilità nucleare reale, predisporre gli alloggiamenti e il retroterra logistico, addestrare gli uomini e unificare tutto, dal linguaggio agli elmetti. Occorre fare un esercito vero, non da operetta.

L’Europa non è per principio un’entità politica in vena di aggressioni. Le spese per un esercito europeo saranno gravose e, probabilmente, speriamo anche inutili. Non dobbiamo fare la guerra a nessuno, ma dobbiamo essere in grado di difenderci senza aspettare uno zio Sam che di malavoglia potrebbe aiutarci.

L’Europa è d’interesse secondario per gli Stati Uniti, impegnati un po’ in tutto il mondo e soprattutto nel Pacifico. In questo ha ragione Trump che con la sua brutalità ci dice: difendetevi da soli. I nostri interessi non sono a Taiwan o sulle isole Aleutine, ma sulle nostre frontiere. Se non li curiamo noi i nostri interessi, chi ce li cura, Putin?

Vorremmo tutti un mondo pacifico, ordinato, senza guerre e senza inutili morti. Ci piacerebbe anche un mondo green, tanto per restare sul tema.

Questa faccenda delle case green mi dà invece la percezione di un’Europa astratta e distratta, con dei sacerdoti biancovestiti che fanno sacrifici (in realtà li chiedono alla gente) per un Dio inesistente. Nerone canta e Roma brucia.

Le decisioni europee sulle case già danno esca alle solite speculazioni immobiliari. Il mercato ne risente subito. Le nuove case dovranno essere green, e costeranno molto di più. Le vecchie case dovranno essere ristrutturate. Chi paga per questo lusso verde? I cittadini. Anche se s’invocheranno aiuti dagli Stati, saranno sempre i contribuenti a pagare, o direttamente o tramite la fiscalità.

Messo alle strette, dovendo scegliere, francamente preferirei pagare per un esercito credibile piuttosto che per una casa green. Dobbiamo svegliarci da questo lungo coma di canzonette e di partite di calcio. Il mondo va avanti senza di noi. Stiamo giocando con le elezioni e i referendum. Oggi tocca un punto a te e domani uno a me. Quello ha perso (lo sapevamo!) e quello s’è ripreso. (ma come mai?) Ci stiamo dotando di una mentalità da giocatori di cavalli. Ma i cavalli corrono e i giocatori stanno fermi.

Il Paese è fermo, inebetito dalla sorpresa di una Destra che governa e dalle speranze degli oppositori di far cadere il governo. L’Europa è ferma, ipnotizzata dalle future elezioni. Ce la farà la Von der Layen ad essere rieletta?

Dov’è la politica, quella vera? Dove sono le strategie? Sulle case green? Troppo poco e quasi inutile. La grassa Europa fa gola a tutti, tranne a se stessa.

 

Stelio W. Venceslai