Ettore Bonalberti, con Pubblio Fiori, Mario Tassone, Vitaliano Gemelli ed altri che non ho il piacere di conoscere (o di ricordare e me ne scuso), di fronte alle difficoltà di ricomporre la diaspora democratico cristiana e popolare, hanno lanciato una nuova iniziativa per saltare gli ostacoli.
La base è un documento programmatico che espone contenuti propri delle forze politiche di tradizione democratico-cristiana-popolare, che ha come caratteristica tipica l’ispirazione alla dottrina sociale cristiana nella sua integralità.
Così, dopo la riattivazione della Democrazia Cristiana a partire dalla sentenza della Cassazione del 2010 e dalla conferma da parte dei soci dell’ultimo tesseramento del 1992-93 per iniziativa dell’ultimo Consiglio Nazionale della DC, che ha portato a ricostituire gli organi statutari DC nel 2018 e dopo la movimentazione di quella che si sta definendo “area popolare” ad opera soprattutto dei popolari che hanno cominciato a vedere criticamente la loro adesione al Partito Democratico specie dopo la loro marginalizzazione dopo le dimissioni del segretario Letta, di origine popolare, si aggiunge una terza proposta, chiamata Iniziativa Popolare, a opera di altri politici che si richiamano alla loro esperienza nella Democrazia Cristiana, ma che nella riattivazione della DC non si sono sentiti di impegnarsi o, essendosi impegnati, hanno deciso di non continuare a farlo.
Già qualche giorno fa su Il Popolo avevo messo in evidenza come le divisioni che hanno portato prima al passaggio al PPI di Martinazzoli e poi alla spaccatura del PPI tra PPI Gonfalone e CDU Scudocrociato hanno lasciato uno strascico di una trentina d’anni di conflitti e diffidenze, senza far riemergere le quali, come in psicoanalisi si fa per superare blocchi psicologici anche inconsci, discutendone e rivalutandole, era assai problematico ricomporre la fratture tra i cosiddetti “popolari” e la Democrazia Cristiana così come è oggi, senza mettere nel conto quella parte di ex DC che ormai hanno scelto movimenti, gruppi, liste della destra o del centro-destra come “Noi moderati” o hanno scelto di rimanere nel PD.
Ettore Bonalberti, già uno dei principali attori della riattivazione della Democrazia Cristiana, già suo vice-segretario a partire dal XIX Congresso di Roma del 2018, da tempo nei suoi interventi negli organi del partito, insiste su due considerazioni: la prima che impegno primario anche della DC è quello di dar vita a una formazione politica più ampia, talora anche coinvolgendo forze laiche liberali e riformiste; la seconda che la DC non può partecipare a coalizioni con forze politiche di centro-destra, neppure se alleanze di centro, come quella con il “Terzo Polo”, registra chiusure verso la DC.
Segretario, membri dell’Ufficio Politico, Direzione, Consiglio Nazionale hanno sempre confermato la collocazione di centro della DC, ma hanno sempre anche avuto riguardo della concretezza delle diverse situazioni politiche nazionali (per le elezioni del Parlamento), regionali e comunali e quindi ha lasciato agli organi regionali e locali le valutazioni circa liste e alleanze più opportune se soluzioni di centro non erano praticabili.
La DC ha mutato nella sua storia più volte alleanze, non facendo dipendere da esse le ragioni della sua presenza e i fondamenti della sua identità. E’ altrettanto noto che i movimenti nell’area dei popolari sono orientati per alleanze a sinistra, provenendo del resto da una trentennale esperienza in tale direzione e avendola confermata nelle elezioni recenti.
Nel Trentino anche il Terzo Polo e gli ex popolari-margheritini (col nuovo partito Campo base) si sono resi organico alla sinistra, per le nazionali e per le prossime provinciali.
Bonalberti afferma di voler sbloccare i processi di ricomposizione popolare e democratico-cristiana con un’iniziativa di alcuni “amici”, ma senza affrontare le radici del blocco. Propone un meccanismo federativo non dissimile da quello già attivato, anche con il suo concorso, e fallito della Federazione popolare dei democratici cristiani.
Mi chiedo perché non si traggano insegnamenti dalle esperienze compiute e non si persegua l’unità possibile, che per i democratici cristiani significa riprendere per tutti e con la massima apertura la strada della Democrazia Cristiana.
Lo ha scritto nel suo ultimo documento anche l’Internazionale democristiana, in una riunione all’Istituto Sturzo.
In aprile si terrà il XX Congresso, coinvolgendo non più solo i vecchi soci del 1992-93, ma anche i molti nuovi, più giovani. Come si può credere di convincere i democratici cristiani, vecchi e nuovi, che sia opportuno costruire un nuovo partito con chi invece non riconosce più validità alla ripresa dell’esperienza democratico cristiana valorizzando in alternativa il popolarismo, come se Sturzo e Degasperi non siano stati prima popolari e poi democratici cristiani?
sen. Renzo Gubert
presidente del Consiglio Nazionale DC