La decisione quasi unanime del Consiglio Nazionale della DC del 1994 di chiudere l’esperienza del partito per aprire un partito nuovo, il Partito Popolare Italiano, che assorbiva in parte la classe dirigente della DC che lo desiderava, aveva cambiato il quadro politico.
Pareva ripetersi in direzione opposta quanto verificatosi con la nascita della DC nel 1943, che aveva assorbito una parte del PPI fondato nel 1919 da don Luigi Sturzo ed altre otto persone e che aveva cessato l’attività nel 1926, ma con Popolari che intendevano ricostituirlo dopo la parentesi fascista. La discontinuità serviva per sottolineare che le deviazioni registrate nelle pratiche di finanziamento di partito, sue correnti, singoli politici, erano un capitolo finito e che si ricominciava su nuove basi, con persone non implicate in “tangentopoli”.
Mino Martinazzoli, fu figura indiscussa da cui ricominciare, e Rosy Bindi, origine Azione Cattolica, fu la “guardiana della rivoluzione” la cui radicalità di posizioni indusse da subito alcuni esponenti che non si sentirono garantiti a non aderire al neonato PPI e a fondare il Centro Cristiano Democratico (CCD).
L’esito delle elezioni nazionali con impostazione centrista del 1994 vennero interpretate da Martinazzoli come sconfitta a lui imputabile e si dimise da Segretario.
La sinistra DC non riuscì a far eleggere Segretario uno dei suoi, ma determinante Franco Marini, già segretario CISL, fu eletto uno di Comunione e Liberazione, Rocco Buttiglione, che già collaborava con Martinazzoli, ma che certamente aveva un’impostazione diversa dalla sinistra DC, specie della sua corrente della “Base”.
Buttiglione citava spesso come suo maestro Augusto del Noce, considerato un reazionario dalla sinistra. Era di un movimento ecclesiale pure considerato reazionario, CL, che a Roma aveva legami politici, tramite il suo braccio politico del Movimento Popolare, suo leader Formigoni, con Andreotti e i suoi.
Tra Azione Cattolica e Comunione e Liberazione i rapporti erano di conflitto da tempo, fin dagli inizi di CL, specialmente nella concezione dell’impegno politico dei cattolici e il pontificato di Woityla aveva spostato l’asse tradizionale pro FUCI e Azione Cattolica del pontificato di Montini.
La sinistra DC aprì subito le ostilità con la Segreteria Buttiglione. Da deputato eletto nel PPI nel 1994 assistetti al dispiegarsi delle azioni di delegittimazione e di conflitto con il Segretario condotte dagli esponenti della sinistra, in primo luogo dal Presidente del gruppo DC alla Camera, Beniamino Andreatta, che inventò al di fuori del partito la strategia dell’Ulivo e la candidatura a Presidente del Consiglio di Romano Prodi, già suo assistente all’Università di Bologna e all’Università di Trento.
Detonatore dell’esplosione del PPI la questione delle alleanze per le elezioni del 1996, con Buttiglione, spinto in modo duro da Formigoni, a favore dell’alleanza di centro-destra, essendo divenuta potabile anche Alleanza Nazionale dopo il cambiamento politico di Fiuggi e la condanna del fascismo, e con la sinistra a favore dell’alleanza con il centro-sinistra, nella prospettiva di una combinazione di tradizioni politiche diverse, popolari e socialiste post PCI, in nome di comuni valori simboleggiati dall’Ulivo.
Nel Consiglio Nazionale che doveva approvare la proposta Buttiglione Marini tolse il sostegno a Buttiglione e questo per pochi voti andò in minoranza, ma non accettò la scelta ulivista, anche per il condizionamento posto da Formigoni, che prospettava, nel caso di scelta ulivista, di lasciare il partito e migrare in Forza Italia.
Ne seguì la spaccatura del PPI, con una parte, ulivista, che elesse segretario Gerardo Bianco e l’altra che assunse il nome di Cristiani Democratici Uniti con il simbolo scudo-crociato, che elesse (mantenne) segretario Buttiglione. Due destini diversi, quello del PPI (Gonfalone) che si trasforma in Lista Civica Margherita e poi si fonde con i Democratici di Sinistra nell’unico partito PD e quello del CDU che si fonde con il CCD e forma l’Unione dei Democratici-cristiani e di Centro (UDC) poi ridefiniti, per includere spezzoni di area laica, Unione di Centro (UdC).
Perché ripercorrere velocemente il cammino fatto dal 1994?
Per far comprendere come l’attuale diversità di posizioni tra chi vuole riproporre il “popolarismo” e chi dopo sentenza definitiva del 2010 che riconosce come la DC non sia mai stata sciolta, ha voluto riattivarla seguendo le procedure statutarie, ha le sue radici proprio nella divisione - per me traumatica - del partito di ispirazione cristiana prima per diversità di impostazione ideale e poi per la scelta delle alleanze e infine per la volontà o meno di mantenere un partito di esplicita e prevalente ispirazione cristiana.
I protagonisti di quella divisione sono invecchiati (qualcuno è deceduto, come Andreatta, dopo lunga malattia), ma tengono ancora le redini del movimento che si è determinato dopo l’evidenza dell’inconcludenza della diaspora democratico cristiana, non lievito, non lucerna, ma inerzia e buio.
Finché il vissuto di quei conflitti di trent’anni fa non verrà ripercorso, riconoscendo ciascuno una parte di ragioni e una parte di torti, resterà sempre un’implicita diffidenza reciproca, che fa alcuni lavorare per un nuovo popolarismo che non si ponga in continuità con la Democrazia Cristiana ed altri per una Democrazia Cristiana che non coinvolge neppure coloro che a un partito di esplicita ispirazione cristiana credono.
L’Internazionale DC all’Istituto Sturzo ha lanciato un messaggio.
Non mettiamolo in un cassetto per dimenticarlo.
sen. Renzo Gubert