Con i problemi ambientali non si può scherzare.
Sono una cosa seria e spesso... impopolare (anche per Gianfranco Rotondi).
Perché la transizione energetica necessita grandi investimenti e grandi sacrifici pubblici e privati.
Ce ne rendiamo conto quando, da consumatori, acquistiamo un'auto elettrica o quando siamo costretti a provvedere all'efficientamento energetico della nostra casa a spese nostre).
Gianfranco Rotondi ha affrontato la questione a modo suo, come sempre, tra il serio ed il faceto (di più) e, soprattutto, l'ha strumentalizzata seguendo il canovaccio abituale di quando si propone come erede prediletto ed autoproclamato della Democrazia Cristiana.
Strano continuatore della Dc questo deputato tranquillamente accasato nel gruppo (e nel collegio) di Forza Italia ed oggi in quello di Fratelli d'Italia.
Non ne abbia a male l'emulo di Donat-Cattin in terra Irpina, ma la Dc in continuità storica con la vecchia "Balena bianca" è quella che ha eletto (non auto-nominato) Renato Grassi nel congresso dell'ottobre 2018 e che si presenta alle elezioni col suo nome e col suo simbolo (e non con quello di Almirante, che ha il solo pregio di garantire al momento fortune individuali).
Un paio di anni fa, sulla via di Damasco-Saint Vincent. Gianfranco Rotondi è stato folgorato dall'enciclica Laudato Si di Francesco - uscita qualche anno prima - ed ha deciso, mentre era ancora in Forza Italia, che la "sua Dc" si chiamasse "Verde è popolare".
Così, in Lombardia, in questi giorni, ha imposto all'Udc, sempre pronta ad annacquare lo Scudo-crociato - che tanto dice di amare - in combinazioni poco accattivanti e molto imbarazzanti, di scrivere la dizione "Verde è popolare" sopra il glorioso Scudo se i reduci del partito di Cesa avessero voluto ottenere l'appoggio dei lombardi di Rotondi (intanto seduto sugli scranni del Parlamento in quota Fratelli d'Italia e pronto a sostenere che il nuovo coacervo di Destra era in realtà la prosecuzione della Dc).
Risultato: firme insufficienti per presentarsi in Regione Lombardia.
E questo ci può stare in tempi di magra.
Quello che non ci può stare è assistere ancora una volta allo scempio che si fa dello storico simbolo della Dc.
Che c'entra "Verde è popolare" con la Democrazia Cristiana?
Perdipiù nell'immaginario collettivo i verdi nostrani sono quelli che non vogliono Tav, Tap, autostrade, rigassificatori, infrastrutture, ferrovie ad alta velocità, acciaierie; insomma, sono quelli della decrescita "infelice".
L'esatto contrario della Dc, partito della crescita e dello sviluppo, attento ma non ossessionato dall'ambiente, partito del "fare" con equilibrio.
Rotondi giochi pure quanto vuole, ma, per cortesia, la smetta di ridicolizzare una storia ed una tradizione fondata sulla serietà.
E l'Udc, invece di dialogare e farsi abbindolare dal fascio ambientalista, incominci a dialogare e ad assumere impegni seri coi veri democristiani.
Mauro Carmagnola