
IL POPOLO
Fondato nel 1923 da Giuseppe Donati

Netanyahu ha proclamato l’invasione di Gaza e l’espulsione dei Palestinesi dalla maggior parte della Striscia di Gaza. È un’altra follia del premier israeliano, ma nessuno reagisce. Non gli Stati Uniti, che vedono nell’occupazione israeliana di Gaza l’avvio della concretizzazione dell’ipotesi di Trump, considerata solo qualche settimana fa assurda, quella della cacciata dei Palestinesi e della costruzione di una nuova Las Vegas sulle sponde del Mediterraneo. Non l’Europa protesta, timida ed inutile voce nel contesto internazionale. Non la Russia, immobilizzata in un conflitto assurdo in Ucraina, che celebra l’8 maggio una vittoria di ottanta anni fa ed è impantanata in una guerra sanguinosa e senza fine. Non il mondo arabo protesta, il che è molto grave, data la vantata e mai dimostrata fratellanza araba.
Tra aprile, maggio e giugno ci sono ricorrenze significative. Il 25 aprile del 1945 la Liberazione,il 2 giugno del 1946, la nascita della repubblica,il 18 Aprile del 1948 la vittoria della D.C. di De Gasperi e dei partiti democratici; tre vittorie con le quali le libertà civili conquistate furono salvate e anche la Festa del Lavoro. Questa festività sembra essere slegata dalle altre. Il Primo Maggio, universalmente da molto tempo, segna il cammino di emancipazione del mondo del lavoro.
La nostra storia politica è nata con i Popolari di Sturzo, grazie all’estensione del voto varata dal governo Giolitti e l’introduzione del sistema elettorale di tipo proporzionale puro- Legge 1401/1919. Sistema superato dall’infame Legge Acerbo del 1923 (proporzionale con premio di maggioranza che permise la legittimazione della vittoria del fascismo), cui seguirono le leggi 122/1925 e 1019/1928 a sostegno del sistema plebiscitario. Fu con la legge 74/1946 che fu ripreso il sistema proporzionale classico, come indicato dalla Costituzione Italiana.
Sono trascorsi ottanta anni dall’ aprile del 1945. La Resistenza contribuì a evitare al nostro Paese l’ umiliazione di una lunga occupazione e della divisione territoriale. Il sangue di tanti giovani e madri e padri di famiglia fu il tributo generoso che consentì all’Italia di riscattarsi dal passato e imboccare il percorso della libertà e della credibilità nel consesso internazionale. Pagine struggenti di dolore non si possono cancellare. Molto si deve a De Gasperi e ai tanti esponenti democratici a fronteggiare chi intendeva continuare la lotta interna per una svolta autoritaria. I protagonisti della Resistenza sono stati molti e nessuno è stato il tutto.
L’Umanità intera piange Francesco, Vicario di Cristo come guida della Chiesa universale e Uomo profondamente buono e giusto, dono di Dio per tutti gli uomini di buona volontà in Terra.
Papa Francesco ha segnato indelebilmente le nostre esistenze con il suo amore purissimo per ogni uomo, a cominciare dai diseredati, dagli ultimi tra i sofferenti, e poi su fino al primo dei potenti del mondo; ha spalancato le porte della Chiesa, uscendo per primo fuori per le città e le vie del mondo ed esortando la Chiesa a fare lo stesso, per andare incontro ad ogni figlio: come il buon Padre che, scorgendolo da lontano, corre fuori dalla sua Casa con le braccia protese verso il proprio figlio.
L’abbiamo ascoltato con simpatia umana e molta sufficienza, per dodici anni. Predicava pace, tolleranza, fraternità e carità verso tutti gli esseri viventi e per il nostro pianeta. In verità, lo abbiamo udito ma non ascoltato. La sua morte improvvisa, dopo una lunga degenza che si sperava felicemente conclusa, stata una triste sorpresa per tutti. Stava male, ma fino al giorno prima si era affacciato a S. Pietro a salutare la folla dei fedeli. Fino all’ultimo ha esercitato il suo magistero, fatto di parole semplici per farsi capire da tutti, non solo dai teologi, dagli intellettuali, dai Capi di Stato. Troppo semplice, quasi ovvio.
La scomparsa di un Pontefice è uno dei momenti in cui gran parte dell’umanità trattiene il respiro. La morte di Papa Francesco sta provocando un diffuso smarrimento che va al di là dei cattolici fino a comprendere vastissime realtà di confessioni e credo diverse. Si avverte un vuoto profondo. Il cordoglio di tantissimi capi di Stato e di governo, ma soprattutto di tantissimi cittadini è eloquente del travaglio del pianeta, tragicamente diviso.
La Pasqua è la ricorrenza più importante della Cristianità. Se Cristo non fosse Risorto le fondamenta del cristianesimo si sarebbero sfaldate. La rivoluzione cristiana ha dischiuso orizzonti dove il buio e’spazzato dalla luce della fede. Gli auguri che ci facciamo hanno senso se c’è una accoglienza vera del messaggio evangelico e non una consuetudine. Bisogna aprire i cuori alla solidarietà,alla fratellanza; al di là c’è il predominio della cinica violenza,un “cupio dissolvi” tra dissonanze e squilibri. La fede rischia di non essere vissuta e gli auguri una pratica abitudinaria. Il buio di un passato ,che ritenevamo tramontato,sembra ritornare e le conquista civili disperse dai venti impetuosi del cinismo insensato. Ecco perché l’impegno per un ritorno alla politica nasce dal desiderio di rendere partecipi i cittadini, perché i rapporti sociali siano favoriti in un clima armonico, che sospinga ai margini quanti non hanno né fede né cuore.
Non c’è che dire, questo è un momento difficile. Le borse tracollano, i commerci sono fermi, il futuro è decisamente molto incerto. Le mosse di Trump hanno spiazzato il mondo. La realtà brutale dell’espansionismo di Putin e dell’isolazionismo di Trump, due strumenti diversi dello stesso imperialismo, sono all’origine della grande preoccupazione nel resto del mondo. La risposta a Putin la conosciamo: una guerra sanguinosa che dura da più di tre anni e che le smargiassate pacifiste di Trump non sono ancora riuscite a fermare, come sta accadendo a Gaza, dove l’ineffabile para suddito americano, Netanyahu, persevera nel suo linguaggio di morte. La risposta del resto del mondo a Trump non la conosciamo ancora. Si parla, vagamente, di trattative ed eventualmente, di ritorsioni. Le trattative non servono a nulla. Le ritorsioni possono fare male.
Gli USA hanno bisogno di ridurre l’enorme debito pubblico attraverso politiche di contenimento, una rivisitazione di opzioni che reggono dalla fine del secondo conflitto bellico. Trump pensa a un abbassamento del valore del dollaro? Potrebbe essere una strada non percorribile: inflazione e recessione ne sarebbero le conseguenze. La presidenza USA punta tutto al rimescolamento generale per trovare spazi nuovi.