La grande attualità del pensiero di don Luigi Sturzo! C’è ancora una grande attualità nel pensiero di Sturzo. Quel grande patrimonio di insegnamenti resta una riconosciuta pietra miliare per chi si avventura nell’agone politico. Mentre è diffusa l’idea che quelle analisi sociologiche che circostanziano i suoi giudizi su bene comune e dialettica democratica sono ancora dense di sviluppi non del tutto esplorati. Ed è un dato di fatto che ogni riflessione sul pensiero del fondatore del popolarismo diviene ulteriore occasione di arricchimento e rafforza il sentimento democratico.

Tra postulati della buona politica e violenze di piazza

La premessa mi consente di cogliere lo spunto che offrono gli episodi ripetuti di violenza di piazza registratisi nel corso di manifestazioni di studenti, e non solo, a Torino e in qualche altra città del paese, mentre poca eco hanno il richiamo a politiche di maggiore equità sociale ed economica e ad una legge elettorale che renda effettivamente protagonista l’elettore e non i capi partito, con le liste bloccate, e riporti equilibrata rappresentatività di tutti i territori del paese.

Violenze, manganelli, politiche sociali e sfondi da anni ‘70

Quello che più ha inquietato sono gli accenni a condotte e simbologie che sembrano anticipare talune dinamiche degli sciagurati anni ‘70.

Certamente il contrasto alle iniquità sociali non si fa con le violenze di piazza ma con le azioni politiche( che devono trovare un giusto coinvolgimento dialettico delle forze di opposizioni, stante la centralità del parlamento)e il corretto esercizio dei poteri, nelle forme previste dalla Carta Costituzionale.

Memorabile il messaggio, di qualche mese fa’, del Presidente Mattarella: "L’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”.

Non manca però chi riconduce il fenomeno all’ effetto di certa compiacenza di “cattivi maestri”.

Nel suo editoriale dell’altro ieri, su Il Domani d’Italia, G. Merlo così scrive:“..Ora, e di fronte ad una cornice che ricorda, con gli inevitabili aggiornamenti e rivisitazioni, quel triste passato, si tratta di capire come le forze politiche che hanno maggiori frequentazioni e simpatie con quei “mondi” intendono reagire dopo queste manifestazioni cosiddette pacifiche e democratiche. L’epilogo finale, purtroppo, già lo conosciamo..”, e poi aggiunge:

“..Ecco perché, e su questo versante sarebbe importante, nonché indispensabile e necessario, una comune consapevolezza della sinistra e della destra che la permanente criminalizzazione politica, culturale, sociale e morale dell’avversario/nemico si deve arrestare prima che la violenza di piazza diventi un normale codice di comportamento per movimenti, gruppi e organizzazioni varie. Ieri c’erano gli ormai noti “compagni che sbagliano”. Oggi non vorremo che ci fossero i giovani che chiedono ad alta voce un cambiamento radicale della nostra società che contempla anche l’abbattimento di un “regime”, peraltro inesistente e del tutto virtuale, a farsi interpreti di una nuova ed inedita violenza di piazza. Ma quando questo “regime” viene insistentemente e quotidianamente richiamato dai sempre verdi “cattivi maestri”, la violenza è sempre dietro l’angolo. Perché questa, purtroppo, non si aggiorna ma si fa semplicemente prassi ed azione. E questo, veramente, ieri come oggi non cambia.”.

Un giusto monito che si nutre opportunamente dell’indefettibile presupposto che ogni ricorso alla violenza è sempre una sconfitta per chi propugna idee di miglioramento o ancor più di cambiamento.

La DC non si connotò mai di pulsioni autoritarie

Tuttavia, mi sembra improprio la tesi di vederci dei prodromi sussumibili agli sciagurati anni settanta, nei quali la DC fu principalmente il bersaglio ( pagando il prezzo più alto il sequestro e l’assassinio dell’On. Aldo Moro ).

Di certo in quei governi non si riscontrò, in nessuna azione politica, alcun conato autoritario.

Non mi pare possa agevolmente dirsi lo stesso nei confronti del contesto politico attuale, ove non è difficile riscontrare, in taluni provvedimenti, palesi tentativi di accreditare uno Stato connotato da certa pretesa etica e normativa, che mira ad ergersi a «unica fonte di diritto», anche a scapito di cruciali principi fondamentali( nell’idea di una prevalenza governativa sugli altri poteri)fino a volerne soverchiare ogni «diritto naturale» sia esso «precedente e superiore»..”.

Va da sé, che pur in presenza di un così plumbeo contesto, nessuna giustificazione può trovare il ricorso ad ogni forma di violenza nelle manifestazioni, o l’inneggiare, da parte di qualche facinoroso, alle forme più estreme.

Ma non può ignorarsi il fatto che dietro queste manifestazioni c’è da tempo un crescente malessere sociale ed economico che colpisce soprattutto i giovani, sempre più smarriti e delusi perché non vedono le condizioni minime per costruirsi un progetto di vita.

Ecco perché il fenomeno, al di là delle specifiche caratterizzazioni assunte nei diversi contesti municipali, non può essere banalmente liquidato come semplice sintomo di inciviltà e di antagonismo politico, ma impone a tutti i protagonisti della politica un serio ripensamento delle politiche di sviluppo, di promozione e di incentivi appropriati, capaci di scongiurare gli espatri di tanti giovani laureati e le precarietà occupazionali permanenti.

In questo quadro, giova, a ben proposito, l’interessante lettura del pensiero di don Luigi Sturzo apparsa in questi giorni sull’Osservatore Romano e ripresa da Il Domani d’Italia.

Mirabile, per la sua estrema attualità, la pregevole analisi interpretativa svolta da Monsignor Naro, su fondamentali aspetti del pensiero di don Sturzo concernenti la buona politica, svolta il 24 ottobre scorso all'omonimo Istituto,

nella quale emerge uno spaccato assai verosimile della grande lungimiranza di quelle “lezioni politologiche”, sottese dalla mirabile capacità di Sturzo di percepire, mutevolezze, manierismi e ambiguità comunicative dei sistemi politici, fino a metterci in guardia da peculiarità, anomalie e trasformismi dell’esercizio del potere, anche nelle democrazie.

La riflessione snodata su tre punti cruciali del pensiero del sacerdote di Caltagirone si è dipanata sul filo, mai intorpidito, della sua straordinaria attualità.

Educare alla Democrazia

Come possiamo cogliere da questi passaggi testuali:

“.. Il primo è la necessità di (ri) educare il popolo alla democrazia. Soprattutto a disincantarsi dalla menzogna orpellata di verità, artificio demagogico tramite cui si dà «alla menzogna e all’inganno il lasciapassare dell’opinione pubblica».

Gli artifici dello Statalismo e delle versioni autoritarie

Il secondo aspetto di riflessione riguarda il ruolo deleterio dello Statalismo, che attualizzato a tanti dei contesti governativi odierni, oggi si traduce principalmente nelle versioni autoritarie della Democrazia.

Qui la capacità predittiva delle metamorfosi delle realtà politiche odierne, è così illuminante che va oltre ogni comune capacità di immaginazione.

Così il concetto che ne descrive il fenomeno: “..Lo statalismo, difatti, deflagra allorché lo Stato si costituisce come «un fuori di noi», perciò – giocoforza – come «diverso da noi, o altro da noi»..”Così lo Stato, con la sua pretesa etica e normativa, si erge a «unica fonte di diritto» e non riconosce alcun «diritto naturale» che gli sia «precedente e superiore»..”.

La Pace come prerequisito della coesione sociale

Il terzo passaggio, che ricaviamo dalla relazione è sulla Pace.

Sebbene pensato soprattutto per la realtà dei rapporti internazionali, appare non meno efficace mutuare gli obiettivi in funzione di una concreta opera di pacificazione tra pezzi di società, oggi sempre più contrapposti ed estremizzati.

Di certo non agevola la radicalizzazione del quadro bipolare, come è oggi strutturato il sistema politico, e con una destra tesa a riscrivere la Storia dell’ultimo secolo del nostro paese, così che la trattazione delle questioni e le soluzioni date, perdono ogni vestigia di saggezza e di ragionevolezza se si affievolisce la propensione alla coesione di cui solo un condiviso obiettivo di pace, che Sturzo definiva essere “..essenzialmente fatto morale e solo subordinatamente fatto politico..” può rivelare autentico l’atto di riconciliazione.

La Costituzione argine contro l’autoritarismo e le devianze violente

Non sarà certo agevole aggirare la Costituzione la cui virtuosa combinazione di pesi e contrappesi ci mette al riparo da ogni torsione autoritaria.

Tuttavia non è fuor di luogo ammettere che questo bipolarismo, con la contrapposizione estremizzata dei due schieramenti, non educa massimamente i giovani - i più colpiti dal profondo malessere sociale - ai migliori metodi democratici.

Per questo la guardia non va mai abbassata.

Il pensiero e la prassi politica di Sturzo come antidoto alle metamorfosi della Democrazia

Eppure c’è un dato crescente che non finisce di allarmarci. Si tratta del marcato astensionismo giunto alla soglia critica di oltre il cinquanta per cento. Altro che “tirannia della maggioranza”:, così soleva definire la democrazia, A. de Tocqueville, che pure riteneva il male minore. Qui siamo alla tirannia di una minoranza. Ed in una democrazia, che si basa sul principio della partecipazione, è quasi inaccettabile.

Tanto che questo scenario, quasi al punto di rottura, può trasformarsi, secondo autorevoli opinionisti, in brodo di coltura per inopinate democrature.

E quale antidoto migliore può rivelarsi se non l’adoperarsi per far germinare politiche modellate secondo i metodi e una prassi politica costruita nel solco degli insegnamenti e del pensiero politico di don Luigi Sturzo.

Tale sfida politica impone ovviamente di discostarsi da ogni alleanza ibrida, incompatibile con quei principi e quei valori dell’Umanesimo solidale( oggi, più che mai, richiamato spesso da Papa Francesco)che furono alla base delle scelte politiche e governative di De Gasperi.

Uno Shadow Cabinet per una opposizione più incisiva e credibile

Sicuramente contribuirebbero a riportare, assieme ad una opposizione più credibile ed unita, alla maniera di  uno Shadow Cabinet, il dibattito politico, anche sulle piazze, allo stile e ai metodi conformi ai migliori obiettivi di coesione sociale e di rispetto delle regole costituzionali, da una parte e dall’altra.

Ma darebbe anche respiro e visibilità a quelle forze, dalla naturale vocazione centrista - eredi di quel patrimonio di ideali e di quell’esperienza politica che alla fine del secondo dopoguerra riuscirono ad assicurare all’Italia, autorevolezza, pace, libertà e progresso -  capaci di costruire nel paese equità sociale e sviluppo sostenibile.

 

Luigi Rapisarda