C’è stasera, a conclusione di una tre giorni nei quali, ad iniziativa della nuova DC siciliana, si sta svolgendo la festa dell’Amicizia, un importante tavolo di confronto tra esponenti rappresentativi,  delle forze politiche che sostengono, questa coalizione di destra centro.

Tra essi si contano diversi protagonisti di quei partiti, di epoca post democristiana, che nel corso del, cosiddetto, ventennio berlusconiano, hanno rappresentato pezzi significativi di quell’area sociale e politica che faceva riferimento a visioni liberali e moderate delle coalizioni di governo guidate dal Cavaliere.

Il tema è accattivante: “Quale centro per l’Italia?”, e a discuterne saranno:: l’On. Totò Cuffaro (Segretario Nazionale DC), Claudio Durigon (Sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), On. Maurizio Lupi (Noi Moderati), On. Lorenzo Cesa (Segretario Nazionale UDC), On. Mara Carfagna (Centro Popolare), Clemente Mastella (Segretario Nazionale Noi di Centro), On. Mario Tassone (Segretario Nazionale CDU).

Non è un buon viatico il fatto che finora i diversi tentativi di incontro con cui si è cercato di trovare una base comune per la ricomposizione dell’area democristiana, non hanno prodotto alcunché.

Di certo non sarà di poco peso discutere all’ombra dell’indubbio disegno populista e demagogico di questa maggioranza governativa che ha posto, tra i bersagli più emblematici, con l’attacco al principio universale della divisione dei poteri, gli assi portanti della Carta costituzionale.

Non meno rassicurante appare essere la situazione geopolitica, a cominciare dalla nuova era, che taluni commentatori non hanno avuto remore a definire di democrazia autoritaria, nel continente americano, finora, per antonomasia, emblema della Democrazia, che la nuova presidenza Trump sembra avviare.

Le aspettative perciò non sono insignificanti.

L’auspicio è che si riesca davvero a prefigurare un percorso comune ove a dominare sua una solida propensione, da parte dei singoli esponenti al tavolo di confronto, verso una comune idea di paese nel segno di quei valori che fecero da guida all’opera politica di quanti, a cominciare dalla DC, hanno contribuito a promuovere, dopo la seconda guerra mondiale, sviluppo e progresso.

Insomma speriamo che il leaderismo di cui tanti capi partito oggi appaiono affetti non li trasformi in “negoziatori” di se stessi.

Del resto non mancherà di certo la consapevolezza che la posta in gioco è davvero molto alta.

C’è più della metà di elettori che non va più a votare, cosa che impone un sussulto di coraggio, di intelligenza di lungimiranza politica fuori dal comune, per non trovarsi dentro la solita omologazione identitaria di chi ha in questo momento il vento in poppa.

E in questo quadrante non marginale si appalesa un’attenta opera di diradamento dei tanti dubbi sorti con la metamorfosi politica della nuova DC, consumata con le recenti dichiarazioni ai media del suo segretario Cuffaro palesando la prospettiva di impegnarsi stabilmente ad una alleanza strutturale con le forze politiche che hanno dato vita a questa coalizione di destra centro( non erano questi gli obiettivi dichiarati nel 2918 con il XIX Congresso con cui si voleva ridare vita e continuità ad una DC “mai sciolta”).

Ora non c’è dubbio che questo percorso, che appunto si consolida con il definire la DC parte integrante del centrodestra, non fa che delineare un diverso modo di intendere il proprio ruolo naturale nel sistema politico (ne fa prova il fatto che tutte le alleanze finora concordate sono state sempre nell’ambito del centrodestra, oggi destra centro a dominanza dei partiti sovranisti e populisti e non liberali).

Scelta del tutto incompatibile con la pretesa di rappresentarsi come la continuazione degli ideali e dei valori della DC storica, che seppe essere perno e punto di attrazione di politiche interclassiste, moderate e riformiste.

Scelta ancora più dissonte perché mette definitivamente alla porta ogni idea di priporzionalismo, nel cui spirito si è sempre identificato identitariamente uno degli elementi cruciali dell’esercizio dei diritti politici, oltre al fatto di porsi come fattore di diffusa partecipazione dei cittadini, così da consentire una più estesa affermazione del suffragio universale, oltre al fatto, di non poco conto, di costituire un solido argine a politiche populiste, sovraniste o demagogiche di destra e di sinistra.

Stupisce poi quel palese strabismo politico, che mal di tollera quando ci si vuole confrontare realmente con tutte le varianti politiche, dal momento che nessun esponente dell’area riformista ed azionista - per quanto le loro performance finora non han fatto che deprimere ogni idea di centro - appare essere stato invitato al tavolo di questo confronto.

Dimenticanza o esclusione che sia, non rafforza l’idea che non ci sia una certa strumentalità in un tale dibattito.

Così da non dissolvere una certa visione preconcetta del progetto che si vorrebbe mettere in atto, ossia di incardinare l’area moderata e cattolica nell’ambito di un rapporto strutturale e funzionale, tesa a rafforzare una coalizione che naviga incontrastata verso politiche fortemente intrise di populismo e demagogicamente anti solidariste, nel dichiarato disegno volto a disarticolare gli assi portanti della nostra Carta costituzionale.

Forse questo dibattito potrebbe aiutarci a capire qualcosa di più.

Sta di fatto però che allo stato delle cose non possiamo sottovalutare la scelta di campo strutturale fatta dalla nuova DC con l’assimilazione organica a Noi moderati, il cui leader M. Lupi, anche per la sua pregressa esperienza politica, non ha mai fatto velo di voler costruire una forza politica entro i confini,  delle diverse espressioni del centro destra, o come meglio può oggi definirsi, destra centro.

Quale conclusione dobbiamo trarre?

Mi auguro che in questo quadrante politico in cui sembra imperniarsi questo dibattito, che lascia fuori pezzi rappresentativi di società e di opinione pubblica che con più interesse guardano ad una funzione centrista, capace di affrancarsi dalle spire di un bipolarismo tentacolare intento a fagocitare, o rendere stabilmente gregarie quelle forze che faticano ad divincolarsi da alleanze innaturali a destra, come a sinistra, non si finisca per deprimere definitivamente ogni aspettativa seria sul futuro politico di una nuovo organismo centrista, capace di contrastare l’attuale progetto governativo di paese, ove populismo, demagogia e autoritarismo non appaiono elementi estranei, e per questo incompatibile con lo spirito dei proncipi portanti della Costituzione e con la visione di un'Europa pacifica e solidale nella cui idea dei padri fondatori, tra cui il nostro A. De Gasperi, dopo la tragedia delle due grandi guerre nel continente europeo, doveva porsi come argine a ogni nazionalismo e sovranismo.

 

Luigi Rapisarda