Chiusi i ballottaggi del 26 giugno, credo importante un’ulteriore riflessione politica. E’ vero, sono elezioni amministrative e non politiche, giustissimo, vince la persona in ogni caso rispetto a partiti, idee politiche, meno voli pindarici e più concretezza.
Ma le elezioni del 2022 hanno inviato alcuni segnali che già in modo molto acuto e sensibile ha anticipato l’amico Ettore Bonalberti, ma anche amici del comitato civico popolare veneziano.
Elogio Ettore per la costanza, l’impegno, la trasparenza, la disponibilità e la correttezza con cui sta incarnando la vice segreteria nazionale del gruppo DC, composto più da amici che da figure con la foto in prima pagina, da twittanti di prima fila e con pedigree antico.
Gruppo coeso che dà fiducia, ma che necessita di aprire spazi e contributi anche diversi fra loro. Certamente “gli altri” devono, però, essere disponibili al dialogo e a voler costituire (se non ricostituire) un soggetto politico nuovo, abbandonando le questue e i porta a porta “romani” per ottenere la certezza di una seggiola senza un grande rischio per le elezioni politiche del 2023.
Premetto che le frasi, i commenti, le battute, i distinguo e i ma-però dei principali sostenitori di “Un Centro” più o meno sulla carta e a parole, da Toti a Calenda, da Renzi a Tabacci, da Cesa ad altri…. non fanno ben sperare.
Tutti parlano di centro, terzo polo …. mentre all’elettore appaiono tutti tesi pro domo propria, danno l’impressione ognuno di voler prima fare il capo degli altri, senza un programma che attiri, che spieghi, che dia una impronta politica.
Forse anche Di Maio potrebbe essere un altro presente sulla scena centrista….
Le elezioni amministrative in ogni caso hanno segnalato, da qualsiasi lato le si guardi, una voglia elettorale di moderazione, di centralità fra elettore ed eletto, di credibilità di scelte pragmatiche, di poche cose ma chiare, di fiducia a chi da fiducia nel futuro per vecchi e giovani. Hanno vinto le liste civiche, moltissime con a capo persone con una storia legata alla disponibilità, al sostegno di cui si conosce soprattutto la onestà del pensiero e una visione sociale anche cristiana, più che il bagaglio partitico.
Un piccolo segnale ai futuri candidati del 2023. Prendo esempio dalla mia Emilia, le città di Piacenza e Parma in primis, ma anche comuni pavesi, lodigiani, cremonesi. Poco tempo fa il centrodestra arrivava al 40-45% di consenso a mani basse, anche con solo il 65% dei votanti reali.
Oggi chi non si è presentato a votare è aumentato di un altro 10-15%, addirittura un ulteriore calo del 30-35% al ballottaggio, il centrodestra arriva mediamente al 22-28% di media, escluso le liste civiche.
C’è stata, direttamente e indirettamente, una vittoria delle liste civiche anche se finite in minoranza, spesso collegate al centrosinistra, composte da chi ha sempre dimostrato nella vita di essere correttamente moderato, non estremista, non prevenuto, non opportunista.
Eppoi a guardare i numeri in dettaglio, la sinistra vera e fedele c’è ma si attesta fra l’10 e il 13%; il Pd tiene le posizioni nella sua regione principe.
Poi c’è una fetta di elettorato che si aggira su un totale del 15-18% (ricordo sempre che solo 1 su 2 o 1 su 3 è andato a votare), diviso in due matrici di egual peso: un centro autonomo civico, un più variegato numero di liste civiche di colori diversi ma distanti da sinistra e destra soprattutto. Deduco: una voglia di centro culturale pragmatico che guarda alla famiglia, all’etica, alla morale…ma soprattutto dichiaratamente sfacciatamente lontano dai due poli.
La vera prima grande risposta che bisogna dare, da politici corretti, a questa scenografia di votanti è la opportunità che tutte le proposte politiche e i gruppi rappresentati possano avere una chance di partecipare con pari diritti alle prossime elezioni di maggio-giugno (?) 2023.
Che la legge elettorale sia in linea con questi richiami: la Costituzione è chiara sull’impegno “manifesto” del cittadino a fare politica attraverso partiti e gruppi.
Che la legge elettorale, ma soprattutto a cascata anche tutti i regolamenti parlamentari connessi e annessi, garantisca massima equità, una stabilità di governo più alta possibile senza eliminare a priori nessuno, una giusta soglia di accesso, la possibilità di esprime preferenze libere in ogni collegio, dare fiducia all’elettore che i primati di scambi e di salti di casacca di questo ultimo Parlamento non si ripeta più …. soprattutto per rispetto verso l’elettore.
Per questo sono convinto che una legge più proporzionale possibile, una legge che dia massima libertà di scelta, una legge che dia stabilità sua “la” priorità nel calendario dei lavori Parlamentari. Fico e Casellati non mi sembra abbiano recepito.
Ora però, questo centro rinato e un po’ poliedrico, deve darsi una forma e un obiettivo “insieme” e comune, senza personalismi, prelazioni e presunzioni. Nessuna nostalgia democristiana, per essere molto netti! Bonalberti, che non è romantico e nostalgico, richiama l’attenzione dell’abbondanza di “centristi” a parole a fare una proposta concreta a breve.
Berlusconi in queste ore sta chiamando i suoi. Nel campo aperto del Pd molti sono con le antenne alzate.
Renzi si è già espresso. Spetta ai parlamentari in carica fare una mossa “proattiva”.
La migliore soluzione, più veloce, più convincente, più adatta al sistema sociale italiano, in un certo senso anche favorevole a un ritocco indiretto del numero dei parlamentari, è la legge tedesca anche se tarata su macroregioni e non su microregioni e microcollegi.
Inoltre la nascita di un terzo polo sarebbe il concreto antidoto e anche un vigilantes verso chi crede di esistere per governare sempre e in ogni caso, verso i populismi e i massimalismi.
Un centro pragmatico che parte da un programma politico chiaro e autonomo è indispensabile, senza editti del capo come dicono anche i laici e i verdi liberali che devono farne parte proprio come segnale di abbandono del passato, sguardo alto e lontano del futuro in cui la più onesta tradizione cattolica sia una componente non il collante.
Anch’ io ho avuto un periodo in cui ho creduto, visto gli scioglimenti, che il bipolarismo più o meno federato fosse il futuro, per la governabilità.
Tutto questo non si è realizzato: chi ha fatto passi indietro, chi ha scambiato una nazione di regioni in un’impresa, chi ha pensato a governare sempre e comunque a ogni costo dimenticando il proprio DNA politico.
Il collante “insieme” deve servire per far nascere un soggetto politico (partito direbbe la Costituzione) in cui convivono diverse anime e forze, come è sempre stato il nostro Paese, poliedrico, biodiverso anche in politica.
Un Centro-Insieme per: dare stabilità di governo, portare i giovani a votare, una politica affidabile e credibile, servire i cittadini non lobbies, prima i deboli, le plusvalenze per il sociale, scuola e sanità, politiche attive del lavoro per tipologia e per area, cura del bilancio e del deficit statale, creazione di macroregioni e di comuni con dimensioni consone, europeismo federato e non austerity, investimenti pubblici solo infrastrutturali e non assistenziali, priorità alla tutela ambientale e al verde nelle città, rioccupazione dei territori fragili e vulnerabili, un sud Italia capofila nel Mediterraneo, cambio del modello energetico anche non rinunce.
Dobbiamo essere espressione di un cambio radicale. Se il richiamo di Ettore va in porto, alle elezioni del 2023 saremo ancora una minoranza sparuta divisa oppure potremmo essere l’ago della bilancia per una Italia da cambiare? Da molti sindaci, assessori, consiglieri arrivano segnali di presenza attiva con le elezioni amministrative. Tocca ora a Roma darsi una sveglia.
Giampietro Comolli