Sono iniziate le manovre che precedono l’elezione del capo dello Stato. Le votazioni in Parlamento che hanno visto il venir meno della maggioranza di governo hanno evidenziato i giochi che, in questa fase, hanno avuto come protagonisti il solito Renzi “sfasciacarrozze” e alcuni deputati della Lega. Fuori da ogni regola il comportamento della ministra leghista on. Stefani, la quale, ha abbandonato il consiglio dei ministri per recarsi in parlamento a votare contro il governo di cui fa parte.
Il parlamento dei “nominati” uscito dalle elezioni del 2018 è la più squallida espressione del trasformismo politico che ha caratterizzato diversi momenti della cosiddetta seconda repubblica, quella che è succeduta ai partiti storici finiti politicamente nel 1993.
Sembra che Berlusconi nel tentativo di raggiungere il quorum necessario per l’improbabile elezione a capo dello Stato, stia facendo breccia anche tra alcuni deputati e senatori del M5S, quelli che erano stati “ nominati” con l’impegno di “aprire il parlamento come una scatola di tonno” e che, sperimentati i vantaggi degli emolumenti e collegati vari allo scranno miracolosamente occupato, le stanno tentando tutte pur di conservare l’impareggiabile pagnotta.
Debolissima la leadership dell’ex premier Conte, messa a quotidiana verifica dal ringalluzzito Di Maio, il movimento dei grillini è vittima dell’insufficienza dimostrata alle prove dei governi locali e nazionale, e della difficile situazione di stallo della propria condizione tra movimento e partito e tra azione di governo e di opposizione d’antan.
Anche la Lega è vittima della stessa situazione, mentre Forza Italia vive la fase più difficile della sua lunga stagione costantemente collegata alle vicende alterne di un Cavaliere sempre più affaticato dagli anni e dagli affanni di una vita.
In tali condizioni è indispensabile attivare tutte le energie disponibili a costruire una forza politica di centro alternativa alla destra nazionalista e populista e distinta e distante da una sinistra alla ricerca di un’identità faticosamente perduta. Un centro che si riconosca nei valori del popolarismo e del riformismo liberal democratico, dell’Europa e dell’atlantismo e nel quale sia forte la presenza delle componenti di ispirazione cristiana. Un centro pronto a collaborare con quanti sono interessati a difendere e ad attuare integralmente la Costituzione repubblicana. Un centro, infine, capace di interpretare e dare risposte alle attese della povera gente e dei ceti medi produttivi rimasti sin qui senza rappresentanza. Il tempo delle sirene leghiste e dei pentastellati è finito e serve, invece, riportare in campo le espressioni delle migliori culture politiche che hanno fatto grande l’Italia: quella cattolica, quella socialista, liberale e repubblicana, ossia le più autentiche voci del riformismo italiano.
Dobbiamo ringraziare Mario Draghi per aver accettato di guidare il Paese in una fase delicatissima d’emergenza, ma, tenendo conto delle sue reali ambizioni, serve predisporre un’uscita di sicurezza che ponga fine al clima di trasformismo e di irresponsabilità che sta caratterizzando la vita del parlamento e dello stesso governo.
Passaggio decisivo sarà la decisione sulla legge elettorale, tenendo presente che, tanto nel caso in cui si conservi il “rosatellum” maggioritario, quanto e a maggior ragione, si scelga quello proporzionale con sbarramento, una forza di centro ampia come quella indicata sarà indispensabile per mettere in sicurezza il sistema democratico del Paese.
Serve che qualcuno si assuma credibilmente il compito di avviare il progetto in tempi certi e brevi con la speranza che, alla chiamata, rispondano positivamente i tanti democratici oggi sparsi tra la disaffezione e/o il disimpegno, sapendo che è giunto il tempo in cui possa partire una rinnovata componente politica centrale dello schieramento nazionale, essenziale per garantire l’equilibrio della politica italiana.
Ettore Bonalberti