Quasi il 60% di renitenti al voto alle elezioni comunali. Da lì bisogna ripartire per comprendere il grado di crisi della nostra democrazia. La disaffezione della politica, il disagio sociale e le manifestazioni di piazza, la crisi morale, culturale e sociale, in una parola l’anomia che pervade la società italiana, sono state le ragioni della mancata partecipazione al voto. Tutte concorrenti a rappresentare la crisi dei partiti che sta alla base della crisi del sistema.
In questa mancata partecipazione al voto, pesantissima è stata la nostra assenza, ossia quella del nostro partito e di altri movimenti e gruppi che insieme a noi sono interessati al processo di ricomposizione politica dell’area cattolico democratica e cristiano sociale.
Tranne alcuni amici coraggiosi come i DC siciliani, i DC e popolari di Rionero, i DC piemontesi, è pressoché raro trovare liste di democratici cristiani, salvo qualche candidato inserito in liste di partiti più o meno affini e dei quali non conosciamo gli esiti.
Ha vinto il PD di Letta e hanno perso le destre nazionaliste e populiste della Meloni e di Salvini. Gli elettori, ancorché solo il 25% votanti, hanno deciso che queste destre non sono adeguate a guidare le città, e, permanendo le loro posizioni estreme di contestazione al governo, come quelle della Meloni, e collegate con partiti antieuropei, come anche la Lega, difficilmente potranno aspirare alla guida del governo nazionale.
Anche la sinistra dovrà fare i conti con la crisi del M5S e con le difficoltà che, il progetto di “ campo largo” annunciato da Enrico Letta, incontrerà passando dai propositi alla concreta realizzazione. Dopo questo voto si annuncia un processo di scomposizione e ricomposizione delle forze politiche italiane. Primo banco di prova, la prossime elezione del Presidente della Repubblica, nella quale il Parlamento allargato alle rappresentanze regionali, dovrà decidere quale ruolo assegnare a Draghi, da tutti considerato la garanzia migliore dell’Italia sul piano internazionale e per l’attuazione del PNRR. E con l’elezione del Presidente della Repubblica, decisiva sarà anche la scelta della legge elettorale da parte di un Parlamento nel quale, molti deputati e senatori sono assai incerti del loro futuro.
Quanto a noi DC dobbiamo renderci conto che se permanesse una legge maggioritaria, il progetto politico avviato nel 2012, ossia di dare pratica attuazione alla sentenza della Cassazione 25999 del 23.12.2010 ( “ La DC non è mai stata giuridicamente sciolta”) è praticamente impossibile. Com’è già accaduto in diversi comuni, il nostro residuo potenziale elettorato si tripartirebbe tra destra, sinistra e astensione e anche al nostro interno si proporrebbe la stessa inevitabile divisione.
Solo con una legge proporzionale con sbarramento il progetto più ampio di ricomposizione politica dell’area cattolico democratica e cristiano sociale potrebbe avere ancora, non solo una possibilità, ma sarebbe quanto mai utile per il nostro Paese. Tale progetto, però, richiede di riprendere da subito una forte iniziativa con quanti della nostra area culturale e politica sono interessati a questo obiettivo. Va superata la rincorsa inutile sin qui tentata verso l’UDC, ferma nel subalterno ruolo alla destra sovranista e nazionalista, e a cui dovrà essere definitivamente contestata la rendita derivante dall’utilizzo del nostro storico scudo crociato, mentre si dovranno ricercare tutte le possibilità di dialogo con gli amici della Federazione Popolare, di Rete bianca, di Insieme, e dei tanti gruppi, movimenti e associazioni che sentono come noi l’esigenza di un ritorno in campo della nostra cultura politica. Obiettivo concorrere alla costruzione di un centro laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, transnazionale, inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori, alternativo alla destra nazionalista e populista, distinto e distante dalla sinistra senza identità, ispirato dai principi della dottrina sociale della Chiesa, disponibile alla collaborazione con quanti intendono difendere e attuare la Costituzione repubblicana.
Falliti sin qui i tentativi a livello centrale, dovremo ripartire dai territori: regione per regione, comune per comune, attivando comitati civico popolari di amici, elettrici ed elettori, che si ritrovano sui valori del popolarismo sturziano e degasperiano. Per una nuova partecipazione politica dalla base sui temi prevalenti glocali, ispirati dai valori della dottrina sociale cristiana. A quel 60% di renitenti al voto va offerta una nuova speranza e, come altre volte nella storia dell’Italia, spetterà ancora ai cattolici democratici e ai cristiano sociali concorrere a tale necessità.
Ettore Bonalberti, Vice segretario nazionale DC