«Metta da parte i guantoni, serve gentilezza», così Maria Rosaria Boccia risponde a Giorgia Meloni dopo i commenti della premier sul caso Sangiuliano. E’ la richiesta di un break o l’annuncio di una ripresa del combattimento a un diverso livello? Sembrava che, con le dimissioni del ministro Sangiuliano, la stucchevole vicenda fosse finita e, invece, continua questa storia ricca di imbrogli e di sorprese, ahinoi, alimentata dalle improvvide sortite della premier Meloni che continua a riferirsi alla dr.ssa Boccia, come a  “ questa signora”, favorendo le immediate repliche puntute dell’interessata, che sembra annunciare altre sorprendenti rivelazioni.

Se Sangiuliano con la sua “storia affettiva” si è giocato il ministero conservando, almeno glielo auguriamo, il connubio familiare, più intrigante diventa la vicenda per il governo, a cominciare da quella che spetterà al successore del ministro, Alessandro Giuli, ennesimo giornalista prestato alla politica. Sono molti i riferimenti della dr.ssa Boccia a donne e a situazioni poco trasparenti che sembrerebbero accadute in quel ministero e il dr. Giuli, dovrà usare tanta accortezza nell’effettuare le sue future decisioni.  

Il progetto meloniano di superare la lunga egemonia della sinistra nella cultura italiana avviata assai prima del ‘68, non potrà essere perseguito con successo continuando con nomine più attente alla fedeltà delle persone amiche che alle loro competenze specifiche, col rischio, come nel caso vissuto di Sangiuliano, di passare dall’idea della riedizione del Minculpop alla replica dilettantesca delle comiche di Starace del tempo che fu.

A Cernobbio, la Meloni ci ha assicurato che “il caso personale di Sangiuliano” non indebolirà il governo, destinato, secondo lei, a durare sino al termine della legislatura. Attendiamo gli sviluppi del caso Santanché ( per molti versi molto più grave di quello del ministro napoletano) e la nomina di Fitto nell’esecutivo dell’UE. Con altri due sottosegretari da nominare ( posti vacanti di Sgarbi e Del Mastro), l’accordo sulle candidature a presidenti nelle tre regioni interessate dal prossimo voto, le difficoltà a trovare una quadra credibile in politica estera, sull’autonomia differenziata e sul presidenzialismo,  un equilibrio tra i diversi interessi nella prossima difficilissima legge di bilancio, a me pare che ci siano molte materie scivolose per un rimpasto che rischia di diventare assai pericoloso e che potrebbe sfociare in una seria crisi di governo.

Aggiungiamo, le tensioni sociali d’autunno conseguenti alla difficile situazione vissuta dai ceti medi produttivi e dalle classi popolari, con  la mancata attuazione delle molte promesse elettorali, per cui l’ottimismo ostentato dal governo sembrerebbe di pura facciata. Il risultato del voto nelle prossime tre regioni (Emilia-Romagna, Liguria, Umbria) non sarà, infine, indifferente rispetto agli sviluppi della politica nazionale, anche se, le difficoltà incontrate anche dalle opposizioni, ancora incerte e divise sul tipo di campo da costruire( largo quanto e, alla fine, con chi?), rende più facile al centro destra continuare a sopravvivere nonostante tutti i limiti e le contraddizioni. 

Aggiungiamo, ripetendolo come un mantra, che stride il permanere dell’assenza di un centro politico credibile, che può nascere solo dall’incontro tra le culture di riferimento storiche di quell’area: popolare, liberale e riformista. Sta a noi cattolici, politicamente ispirati dai valori democratico cristiani e popolari, avviare senza indugi la nostra ricomposizione politica, fattore indispensabile per la costruzione del nuovo centro della politica italiana.

Ettore Bonalberti