Franco Restivo nasce a Palermo nel 1911. I Restivo erano tra le prime famiglie di Palermo per il prestigio culturale e per il censo. Il padre di Franco, Empedocle, professore di università e avvocato di grido, fu eletto alla Camera prima del fascismo. Franco Restivo, al pari di suo padre, esercitò l'avvocatura, e fu nominato professore all'università di Palermo. Dal 1943 fu docente di diritto costituzionale e successivamente docente di diritto pubblico nell’ Ateneo cittadino, insegnamento che mantiene fino alla sua morte. Dunque in casa sua si masticavano all’unisono diritto e politica.
Dal felice "settennio" al periodo piu' difficile della storia italiana
La sua intera esistenza è segnata da una lunga militanza politica. Nel 1946 viene eletto deputato all’Assemblea Costituente, ma per seguire più da vicino le vicende legate ai problemi della sua isola, nel 1947 rinuncia al mandato parlamentare. Dal 1947 al 1955 è deputato all’Assemblea regionale siciliana, dal 1947 al 1949 è assessore regionale alle finanze e agli enti locali e dal 1949 al 1955 presidente della Regione siciliana, guidando quello che fu definito “Il felice settennio” della storia dell’Autonomia regionale.
Membro del Consiglio Nazionale della DC, il 25 maggio 1958 torna alla politica nazionale essendo eletto deputato nella circoscrizione della Sicilia occidentale e in questa carica riconfermato in tutte le successive consultazioni politiche.
Dal 1958 al 1963 ricopre numerosi ed importanti incarichi parlamentari, su tutti quello di vicepresidente della Camera dei deputati. Inizia poi la sua longeva presenza al Governo , prima come ministro dell’agricoltura dal 1966 al 1968, successivamente ministro dell’interno dal 1968 al 1972 sotto cinque diversi Presidenti del Consiglio.
Restivo, uomo sempre vicino alla destra democristiana, rimarrà nell’esecutivo fino alla fine del centrosinistra. Soprattutto, come già detto, al Viminale, dove affronterà e gestirà alcune delle fasi più difficili per l’ordine pubblico nel nostro Paese.
Al Viminale, infatti, affronterà l'anomalo caso della Repubblica delle Rose (1948), la complicata stagione della contestazione studentesca, l’episodio stragista di Piazza Fontana (1969) , i moti di Reggio Calabria, l’urto della violenza mafiosa (a Palermo nel '71) verrà ucciso il procuratore della Repubblica Pietro Scaglione). Per non parlare dei contraccolpi che seguirono il “golpe Borghese” (1970).
A Roma, nel 1969, subirà anche un attentato dinamitardo contro la sua abitazione privata. L’ordigno verrà prontamente scagliato a distanza da un appuntato di Ps.
Restivo sarà ministro anche del primo – brevissimo – governo Andreotti, non più agli Interni ma alla Difesa. L’ultima esperienza da membro dell’esecutivo.
La morte lo coglie improvvisamente a Palermo nel 1976, in piena attività parlamentare.
Si spense il 17 aprile 1976. Le esequie si svolsero in città a San Domenico. L'orazione funebre fu pronunciata dal senatore Giuseppe Alessi. Il Comune, mentre era in carica il sindaco Giuseppe Insalaco, già stretto collaboratore di Restivo, gli intestò una piazza del quartiere Matteotti.
"Un siciliano placido"
Il profilo di Franco Restivo può essere approfondito anche attraverso la curvatura personale.
In una conversazione-intervista resa al suo vecchio compagno di scuola ed amico Nicola De Feo, che firmò l’articolo con lo pseudonimo di Nicola Adelfi (La Stampa, 24 Agosto 1969) , emergono interessanti "dietro le quinte" del suo carattere e, soprattutto, della sua visione della vita.
De Feo esordisce facendo notare che “Restivo resta legato ai quattro anni in cui fu a capo del ministero dell'Interno, il più difficile fra tutti i ministeri nell'Italia contemporanea. A dargli quell'incarico la prima volta, nel giugno 1968, e forse si pensava che dovesse essere temporaneo”.
Quando il giornalista, in una torrida notte romana, gli fa notare che “l’elettricità accumulatasi nell’aria non poteva non suscitare temporali e tempeste”, rimproverandolo di essersi cacciato in una barca così sconnessa, su un mare cosi aspro, così minaccioso da correre il rischio di rovinarsi la carriera politica, Restivo ascolta fumando un mezzo sigaro toscano ed ammonisce a non fasciarci il capo prima di esserselo rotto. Emblematica la conclusione di De Feo, che racchiude gran parte della filosofia di colui che viene definito “un siciliano placido”:
“I fatti successivi dimostrarono che aveva ragione lui, e torto io. La democrazia per reggersi ha bisogno di una certa dose di prudente ottimismo. Guai a lasciarsi prendere dal panico al primo stormire di fronde”.
Restivo incarna così perfettamente la figura di un moderato che guardava al sociale con grande interesse, che si rendeva cioè conto della necessità di riequilibrare i rapporti fra capitale e lavoro per obbedire a principi di giustizia sostanziale. Ma Restivo era, soprattutto, uomo delle istituzioni, che rifiuta l'enfasi delle visioni palingenetiche e, all'oposto, presidia la frontiera di un riformismo tanto cauto quanto incisivo, convinto com’è che la storia non procede per salti.
L'autonomismo
Decisive, nella sua formazione politica, furono le frequentazioni con Gaspare Ambrosini, con Bernardo Mattarella e Salvatore Aldisio . Il primo, ancora un giurista, lo avvicinò al regionalismo; gli altri due, epigoni del popolarismo sturziano, ne indirizzarono il percorso politico. Fatto è che Franco Restivo, ancor prima che il fascismo crollasse rovinosamente, era già una figura di rilievo fra quelle che avrebbero guidato la Democrazia cristiana e avrebbero condotto la battaglia, vincente, per dare vita a quell’Autonomia regionale, aspirazione insoddisfatta dei siciliani dall’Unità in poi.
Le sue convinzioni, maturate con grande travaglio intellettuale, si espressero in modo evidente già nel corso del convegno della Democrazia cristiana tenutosi ad Acireale nel 1944. In quell’occasione Restivo, cui era stata affidata la relazione ufficiale sull’Autonomia regionale, presentò le regioni come “membrature naturali d’Italia, come la migliore garanzia delle libertà della nazione” e il regionalismo come “processo di democratizzazione, fattore di difesa” e ancora “funzione di equilibrio nella vita dello Stato”.
Il suo regionalismo, come quello di Alessi, Aldisio e altri cattolici ex popolari, rigettava dunque l’ipotesi separatista avanzata dal Mis (Movimento indipendentista siciliano) e sposava l’idea sturziana della “Regione nella nazione”.
L'amore per la Sicilia
Restivo è un siciliano che amava la terra di Sicilia e la sua millenaria storia. Viveva a Palermo, ma volentieri, specialmente dopo il distacco dalla politica attiva, andava a trascorrere lunghi periodi in una sua fattoria nel Messinese, dove arricchiva di continuo una prestigiosa raccolta di libri di autori siciliani o che parlavano della sua terra. L'accesso alla fattoria era difficile ed implicava guado di un torrente. E li per l'appunto, in quel suo rifugio campestre, fu colto da malore improvviso.
Nel Marzo 2004 la biblioteca dell'ex ministro dell'Interno Franco Restivo (che conta circa ottomila volumi) è stata donata dalla sua famiglia alla Fondazione Banco di Sicilia e si trova a Villa Zino . Restivo non era solo un collezionista di libri, ma un fine studioso del periodo che nella sua regione precede l'Unità d'Italia e dei movimenti e fermenti autonomistici.
I figli hanno deciso di compiere questo passo per mantenere viva la memoria del padre, studioso ed intellettuale prima che uomo politico, e per ricordare il ruolo che ha avuto nella storia della Sicilia.
Franco Banchi