Piove. In autunno oppure all’inizio dell’inverno non è un fatto strano. Piove. Non dipende da nessuno. È un fenomeno naturale. Anzi, talvolta, l’invochiamo noi la pioggia. È utile, bagna la terra, aiuta le piante a crescere, rafforza i bacini e i laghi, ingrossa i fiumi, pulisce l’aria e rinfresca, dopo la calura dell’estate.
Piove, ma per noi non è un miracolo naturale, è un disastro. Quando non piove, c’è la siccità. Quando piove, c’è l’alluvione. Non c’è via di mezzo. O morti di caldo o morti affogati. Come l’uomo preistorico, mica è cambiato molto, attonito e impreparato davanti alle catastrofi naturali che, tra l’altro, oggi sono pure prevedibili.
La Televisione ci avvisa: domani: pioggia, oppure allerta, oppure (più simpatico), regioni rosse, blu, rosa e così via.
Piove e viene giù l’ira di Dio. Torrenti di fango, di pietre, di tronchi. Smottano le rive dei ruscelli che diventano fiumi, esondano i fiumi, traboccano i bacini. S’inonda tutto: la campagna, le strade, i negozi, le case. Le macchine sono travolte dalla piena, spesso con la gente dentro, e dopo si cercano i morti.
La pioggia per noi è un flagello di Dio. Come le pestilenze.
Certo, se accade una volta, è un disastro non prevedibile, una punizione del cielo. Ma se accade ogni anno, sarà colpa della transizione ecologica, sarà colpa dei nostri peccati, ma è anche l’evidenza di un disastro politico. Se qualcuno, a Ravenna o a Cesena o a Lugo imbraccia una doppietta e spara alla prima macchina blu che vede, lo capisco.
Il vero flagello è il sistema che ci governa. Si chiama balletto delle responsabilità. Io ce la vedo la Meloni in tutù, un po’ meno Bonaccini o la Schlein, francamente, però, dove sono finiti i soldi stanziati l’anno scorso per l’alluvione in Emilia Romagna.? Il governo giura che li ha dati, la Regione giura che non li ha avuti, nessuno pare che li abbia rubati. O qualcuno è bugiardo o sono tutti cretini. Escludo la malafede, però, perché presupporrebbe un’intelligenza che non c’è.
Ogni volta siamo punto e da capo. Ogni anno c’è un’alluvione. Ogni anno si ripete la stessa sceneggiata accompagnata dai funerali: il vescovo che benedice le salme, il Sindaco che dice che metterà in sicurezza il paese, il governo che si riunisce per decisioni fasulle e promette aiuti, le Regioni che sono sempre pronte a provvedere (in ritardo). Si cercano i morti, si chiede lo stato d’emergenza, si fa la conta dei danni e i volontari spazzano il fango dalle strade. Un copione perfetto.
D’accordo, l’Italia è un disastro ecologico, ma che si è fatto in cinquant’anni per mettervi riparo? Ci provò Renzi, sostenendo che i disastri non sono né di destra né di sinistra, e tutti approvarono, proprio tutti, un piano venticinquennale di riassetto geologico del Paese. Poi venne il governo giallo verde, quello che doveva salvare l’Italia da una crisi devastante, e non s’è fatto più nulla.
Il risultato è il balletto di cui sopra, indecoroso, e la pena e l’affanno di questi nostri disgraziati concittadini che un anno sì e un anno dopo devono ricominciare da capo perché pioggia e fango hanno spazzato o reso irrecuperabili automobili e masserizie.
Ma si può andare avanti così? È possibile che non si sia in grado, almeno gradualmente, di porre riparo a questi disastri?
Governi imbelli e Regioni inutili si affannano a dimostrare d’essere presenti sul campo. Sono i gestori responsabili di un fallimento totale. È una vergogna che da decenni questo Paese sia un agnello tra le grinfie dei lupi. Nessuno fa niente, solo chiacchiere, polemiche e dibattiti. In questo siamo (sono) bravissimi.
Dove sono i reggitori della cosa pubblica, i nostri eletti, i nostri fiduciari? Al caldo e al coperto, dove discettano del sesso degli angeli (i socialisti voteranno o no per Fitto? Grillo, ce la farà a buttare fuori Conte? Ci sono segreti inviolabili al Ministero della cultura?) e intanto la gente perde i suoi averi, le case e i ponti crollano per la seconda, la terza volta, le frane interrompono le comunicazioni e il Paese va in tilt.
L’emergenza, per noi, è un fatto naturale, anzi strutturale. Se non c’è l’emergenza non si fa nulla. Se c’è, si fa finta di fare. Sono tutti complici: i Governi “democraticamente” eletti, i Presidenti delle Regioni, protervi, la burocrazia ministeriale e quella regionale, stantia, lenta, leguleia, i Sindaci, che tirano a campare. Un mucchio di spazzatura inerte. Se la pioggia li portasse via sarebbe un gran bene.
Non hanno colore. Rossi, rosa o verdi, azzurri o bianchi, di destra, sinistra, di centro destra, di destra-destra oppure di centro che guarda a sinistra, sono tutti uguali: inutili, incolti, incapaci e saccenti. Qualcuno è pure un birbante, come dicevano i nostri nonni.
In teoria sono lì per la cosa pubblica, ma spesso sono lì per i fatti loro e la cosa pubblica non sanno neppure cosa sia. Sono lì per sicumera, un’assicurazione sulla vita a spese dell’elettore, per gestire un potere che, al massimo, consiste nel nominare a un posto importante e lucrativo questo o quello della cerchia degli amici, dei parenti, dei famigli, dei servitorelli di turno. Cialtroni, anche se vanno dal sarto a farsi fare i vestiti su misura o indossano gli ultimi capi della moda.
Non c’è differenza tra maggioranza e opposizione. Sono tutti della stessa pasta scotta che digeriamo da anni, senza sugo e buttata là, sul piatto, tanto per far vedere che la cucina funziona ancora.
Odio Grillo perché, per un attimo, si era pensato che questa farsa potesse finire. Poi, è emerso il peggio del peggio del Paese. Anche questa illusione è svanita. Peccato.
Piove, governo ladro.
Stelio W. Venceslai