Abbiamo assistito alle celebrazioni plurime di De Gasperi a 70 anni dalla sua morte. Ci hanno favorevolmente colpito i diversi articoli pubblicati su Il Popolo e su il Domani d’Italia, scritti da persone della nostra area culturale, sociale e politica, con dovizia di riferimenti etico politici, così come abbiamo condiviso quanto scrive oggi su” l’Identità”, l’on. Carlo Giovanardi a proposito di “ tutti degasperiani con omissione di ricordo”.
Difficile comprendere, infatti, i peana degasperiani di amici da tempo in pianta organica del PD o di coloro che sono pronti a far entrare nel partito di Fratelli d’Italia, per non parlare di quelli aderenti al partito del sindaco di Terni, quel “simpaticone” di Stefano Bandecchi, che, onestamente, con la storia democristiana e degasperiana non ha nulla da spartire.
Resta il fatto che, pur apprezzando il riconoscimento unanime per quanto il nostro padre politico ha saputo garantire per la nascita, difesa e sviluppo della democrazia italiana, è tempo di riportare nella giusta prospettiva il pensiero e l’esperienza politico istituzionale di Alcide De Gasperi.
Essa, al di là di ogni deformazione caricaturale, resta quella di un democratico cristiano espressione del centro politico alternativo alla destra e alla sinistra; il centro democratico, popolare e antifascista, così come abbiamo sempre connotato la DC dal tempo di De Gasperi, Fanfani, Moro, Zaccagnini, Forlani, sino a De Mita e Martinazzoli. Vittime la lunga diaspora DC apertasi con la fine politica del partito ( 1993) siamo ancora in presenza di una dispersione di forze che non facilitano l’avvio di un centro politico nuovo in grado di garantire, come fece la DC per oltre quarant’anni, il punto di equilibro e di rappresentanza tra gli interessi e i valori dei ceti medi produttivi e quelli delle classi popolari italiane.
E' proprio la mancanza di questo partito che induce più della metà degli elettori ed elettrici a disertare le urne, anche in virtù di una legge elettorale che, dal porcellum al rosatellum, favorisce il permanere di un bipartitismo forzato tra forze politiche che, nella maggior parte dei casi, sono ben lontane da quelle condizioni di vita interne conformi ai dettami dell’arte 54 della Costituzione.
Il tentativo che anch’io personalmente ho contribuito ad attivare nel 2011-2012, ossia di dare pratica attuazione alla sentenza della Cassazione n.25999 del 23.12.2010 (“ la DC non è mai stata giuridicamente sciolta”) ossia di ricostruire politicamente la DC, non ha dato gli esiti che con Silvio Lega, Clelio Darida, Luciano Faraguti e Ugo Grippo, avevamo sperato.
Alla fine, insieme alla DC oggi guidata da Cuffaro, assistiamo ancora alla presenza di altre sedicenti Democrazie Cristiane con scarse adesioni di iscritti e totalmente disattese dalle attenzioni degli elettori. Qualche novità positiva è emersa dalla recente settimana sociale dei cattolici svoltasi a Trieste, mentre dal meeting di Rimini in corso di svolgimento si ripropone il tradizionale posizionamento di quell’importante esperienza religiosa e etico politica, nell’area privilegiata dei detentori del potere, oggi gestito dalla destra a guida Fratelli d’Italia.
Un altro segnale delle difficoltà tuttora presenti nella vasta e articolata realtà del cattolicesimo sociale e politico italiano. Io credo che sia giunto il momento di superare le divisioni espressione della lunga e dolorosa stagione della diaspora e di fare appello all’unità di quanti si riconoscono nei valori del partito popolare europeo, quelli dei padri fondatori dell’UE: De Gasperi, Adenauer, Monnet e Schuman.
In concreto dovremmo favorire la nascita della sezione unitaria italiana del PPE, con quanti condividono il programma di questo partito e sono disponibili a favorire alleanze omogenee a quelle che hanno permesso la rielezione della leader dell’UDC tedesca, Ursula von der Leyen.
Chi ha deciso di stare a destra si accomodi, senza trovare forzate assurde interpretazioni di riferimenti alla DC del partito della presidente Meloni, così come chi continua a preferire il PD scelga di restare nel campo del PSE che, onestamente, non è la collocazione coerente con la nostra storia e cultura politica.
La scelta del PPE a me sembra la più logica e coerente con la migliore tradizione popolare e democratico cristiana, l’unica capace di saldare le politiche nazionali che intendiamo sviluppare, ispirate dai principi della dottrina sociale cristiana e in grado di collegarsi con le politiche sempre più decisive e determinanti a livello dell’Unione europea.
Ettore Bonalberti