Nel 2011 su indicazione del compianto On Publio Fiori venni informato della sentenza della suprema Corte di Cassazione, n.25999 del 23.10.2010, secondo cui “ la DC non è mai stata giuridicamente sciolta”, mettendo una parola ferma sulla disputa che si era aperta tra diversi  presunti eredi. Nessun erede, perché il de cuius non si era mai giuridicamente estinto. Si aprì una seconda fase di battaglie giuridiche alle quali, con i compianti Silvio Lega e Clelio Darida, Ugo Grippo e Luciano Faraguti, tentammo di porre rimedio con la raccolta firme per l’autoconvocazione del consiglio nazionale storico della DC, al fine di ripristinare politicamente il partito “ mai giuridicamente sciolto”, di cui quel consiglio nazionale rappresentava, a parer nostro, la sola legittima continuità.

Sono, dunque, tredici anni che ho impegnato i miei sforzi nel progetto di rilancio politico della DC; sforzi orientati, negli ultimi tempi e dopo le delusioni vissute per il permanere delle divisioni suicide, a favorire un progetto di ricomposizione politica della più vasta area cattolica nelle sue tre espressioni prevalenti: democratica, liberale e cristiano sociale.

Allo stato attuale del contenzioso giuridico, gli Onn Gianfranco Rotondi e Lorenzo Cesa, l’uno per il nome Democrazia Cristiana e, l’altro, per il simbolo, lo scudo crociato, per motivazioni diverse, sono i detentori di questi due importanti beni non patrimoniali ereditari della DC storica.

Se, come è annunciato, nei prossimi giorni, corrispondendo all’invito formulato loro dalla recente sentenza del tribunale di Avellino, in risposta all’azione intrapresa all’on. Cuffaro contro Rotondi, di giungere a un accordo, Rotondi e Cesa si accordassero nel trovare un accordo sul nome e sul simbolo, ci troveremmo, indubbiamente in presenza di un fatto nuovo nella politica italiana.

Un fatto di grande rilievo, soprattutto, per quel vasto fiume carsico di “ DC non pentiti”, rimasti sin qui orfani, o transitati, con maggiore o minore fortuna a destra o a sinistra.  Da quanto è emerso dai recenti convegni di Milano e Orvieto degli amici Popolari, organici, più o meno convinti, al PD, a me è sembrato che, al di là del buon intervento dell’”annunciato federatore”, Dr Ruffini, si sia trattato di una meditata dimostrazione di esistenza in vita per garantirsi una consolidata rappresentanza in un partito, il PD, in cui, come ci ammoniva Donat Cattin per il PCI: “ è sempre il cane che muove la coda”.

È evidente che l’idea di diventare una corrente minoritaria nel partito guidato dalla Schlein, potrà soddisfare le ambizioni dei Del Rio, Castagnetti, Rosi Bindi, Gentiloni e C. ma difficilmente farà breccia nella più vasta realtà degli ex DC e Popolari.

Analogamente agli amici Cesa e Rotondi, i quali, mi auguro, avviino il progetto costituente di una nuova Democrazia Cristiana, vorrei evidenziare che farebbero un grande errore se, analogamente ai “cattolici adulti” del PD, proponessero come scelta privilegiata quella dell’alleanza con la destra nazionalista e sovranista, lontana mille miglia dalla nostra migliore tradizione politica democratico cristiana e popolare.

Certo, chi come me, insegue da molti anni il progetto di ricomposizione, l’unità di nome e di simbolo del partito, costituirebbe un fatto importante e significativo, ma, come sempre scrivo e  recentemente ha anche ribadito l’amico Cuffaro: prima ricomponiamoci, definiamo il nostro programma per l’Italia e per l’Europa e dopo, solo dopo, con un congresso democratico risultante da un’ampia verifica di base, decideremo le alleanze, ponendo in primis come elemento strategico non negoziabile: la difesa e l’attuazione integrale della Costituzione dei padri fondatori che, oggi come ieri, rappresenta il programma politico istituzionale più avanzato anche per questi tempi dominati dal turbocapitalismo finanziario.

Coraggio, dunque, ma non per la ricerca di una confermata garanzia di alcuni alle prossime tornate elettorali, ma per dar vita a un progetto costituente di un centro politico nuovo, nel quale la componente di ispirazione democratico cristiana e popolare sappia svolgere un ruolo determinante insieme alle culture liberali, repubblicane e riformiste che hanno costruito la nostra Repubblica.

 

Ettore Bonalberti