Giuseppe Lazzati nacque a Milano il 22 giugno 1909, quarto degli otto figli di Carlo Lazzati, negoziante di alimentari e Angela Mezzanotte. Ricevette il Battesimo il 25 giugno nella chiesa di S. Gottardo al Corso. La famiglia risiedeva nel quartiere di Porta Ticinese in una casa che si affaccia sulla darsena del Naviglio.
Aderì al Sodalizio dei Missionari della Regalità di Cristo, fondato da padre Agostino Gemelli nel 1928 e nel quale i laici consacrati erano chiamati a una intensa vita spirituale al fine di condurre un efficace impegno apostolico.
Nel 1931, sotto la guida del prof. Ubaldi, Lazzati si laureò in letteratura cristiana antica con una tesi su Teofilo, vescovo di Alessandria d'Egitto dal 385 al 412 d.C.
Iniziò la carriera universitaria nel 1934, e nello stesso anno fu nominato presidente della Gioventù Italiana di Azione Cattolica della Diocesi di Milano.
La mattina del 9 settembre 1943 cominciò per Lazzati un periodo critico della vita, quello dell'internamento nei lager tedeschi. Si trattò di un tempo da lui accettato consapevolmente vivendo una resistenza decisa e una opposizione ferma al nazismo e al fascismo, e una affermazione convinta della dignità della persona umana. Il 31 agosto 1945 fece, finalmente, ritorno a Milano.
Nel settembre dello stesso anno, Giuseppe Dossetti telefonò a Lazzati per chiedergli di impegnarsi in politica.
Nel 1946 venne eletto consigliere comunale a Milano e il 2 giugno fu membro dell'Assemblea Costituente. In una sempre più stretta amicizia con Giuseppe Dossetti e Giorgio La Pira, hanno avuto il coraggio di avviare e di gestire un dialogo fruttuoso, proprio sui contenuti della Costituzione. Il concetto su cui la Costituzione è fondata è certamente quello che i tre sostennero con particolare forza, fatta di convinzione e di rigore logico: lo Stato per l’uomo e non l’uomo per lo Stato, premessa ineludibile di uno Stato che voglia essere essenzialmente democratico.
Tutti e tre si trovano ancora una volta accomunati in una situazione dolorosa di incomprensione e a volte di esplicita ostilità di una parte, anche autorevole, del mondo cattolico e della gerarchia di quel tempo, tanto da essere definiti “comunistelli di sagrestia”.
Il comune impegno politico di Dossetti, La Pira e Lazzati nacque casualmente e senza che nessuno dei tre l’abbia cercato e voluto. Infatti nessuno dei tre fece il politico di professione. Dossetti maturò la vocazione sacerdotale, La Pira lasciò dopo un breve periodo di partecipazione al governo, Lazzati dopo la prima legislatura ritornò ai suoi studi.
Al primo congresso nazionale della Democrazia Cristiana entrò nella Direzione del partito, insieme a Pastore, Fanfani e Dossetti. Con questi amici, ai quali si aggiunsero Giorgio La Pira, Aldo Moro e Benigno Zaccagnini, Lazzati dette vita a "Civitas humana", una iniziativa volta ad approfondire la riflessione sociopolitica e culturale che avrebbe portato alla fondazione di "Cronache sociali".
Il 18 aprile 1948 fu eletto alla Camera dei deputati e quindi nominato vicepresidente del gruppo parlamentare democristiano e assegnato alle commissioni per l'agricoltura e l'alimentazione prima e per l'istruzione e le belle arti dopo.
Ricordando le ragioni della sua opzione politica, Lazzati spiegò in seguito che essa «non fu scelta spontaneamente ma quasi di necessità»: «sia pure con libera adesione, dovetti cedere nel momento in cui il mio Paese, uscito prostrato, politicamente ed economicamente, dalla tragica vicenda della guerra e della liberazione dal giogo della dittatura fascista, si trovò di fronte al compito immane della ricostruzione. Rientravo da due anni di prigionia e trovavo gli amici, universitari come me, con i quali ci si era culturalmente preparati a quel compito costruttivo, impegnati a un servizio politico diretto cui costringeva l'urgenza e la durezza dell'ora, in vista di assicurare che non andasse nuovamente perduto, sotto segno opposto, quel supremo bene di libertà che si era, faticosamente e ad alto prezzo, riconquistato».
Il momento più critico, nel periodo dell'impegno politico, fu per Lazzati il confronto polemico con Gedda, presidente degli Uomini di Azione Cattolica, e con Carretto, presidente dei Giovani di Azione Cattolica, nei mesi a cavallo tra il 1948 e il 1949. Lazzati, in un articolo pubblicato su «Cronache Sociali», intitolato Azione cattolica e azione politica, sosteneva la necessità di distinguere le due cose, riprendendo le indicazioni di Pio XI in materia.
Alla fine della prima legislatura, il 9 marzo 1953, Lazzati cessò la sua esperienza di parlamentare, ritirandosi definitivamente dalla vita politica attiva. Egli, tuttavia, pur abbandonando l'azione politica, rimase convinto della necessità della formazione politica dei cattolici italiani, causa per la quale si adoperò instancabilmente nel corso dei successivi decenni. Espressione di quest'impegno formativo fu la direzione de «l'Italia» (1961-1964) e la rifondazione dell'Istituto Sociale Ambrosiano, il cui nuovo statuto Lazzati stese, con l'approvazione dell'arcivescovo Montini.
L'Istituto si proponeva di ricercare le direzioni in cui, in coerenza al messaggio cristiano, si potessero allora trovare le soluzioni ai più urgenti problemi del momento sul piano giuridico, politico, economico e sociale.
Nel 1965 Lazzati fu eletto dai suoi colleghi Preside della Facoltà di Lettere e nel 1968 fu nominato Rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, incarico che conserverà per cinque trienni sino al 1983. Anche il lungo rettorato della Cattolica di Milano testimonia di questa sua attenzione formativa, esprimendone il livello più alto ed efficace. L'università, in tal senso, fu da lui intesa «quale coscienza critica della società» in cui essa opera culturalmente e per i cui problemi vitali è tenuta ad elaborare risposte scientificamente fondate.
Finito il periodo del suo rettorato in Cattolica, Lazzati - forte ormai di una pluriennale esperienza maturata nel campo della formazione culturale politicamente connotata e orientata - pubblicò un volumetto dal titolo emblematico La città dell'uomo. Costruire, da cristiani, la città dell'uomo, a misura d'uomo.
Lazzati sentiva viva dentro di sé la convinzione che, da un lato, ogni uomo ha il compito di essere un costruttore della polis, perché questa divenga sempre meglio una città a misura d'uomo e per tutti gli uomini, e che, dall'altro lato, non ci si improvvisa costruttori della città, perché è necessario formarsi ed educarsi a essere tali.
Nei primi mesi del 1984 i medici riscontrarono un tumore. Nuovamente ricoverato nel maggio 1986, la mattina del giorno di Pentecoste - il 18 maggio alle ore 3.22 - è venuto a mancare. Fu sepolto nell'eremo di San Salvatore, sopra Erba, in provincia di Como.
Nel 1991, cinque anni dopo la sua morte, come prescritto dalle norme canoniche, l’Istituto Secolare Cristo Re, con il consenso convinto dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Azione Cattolica, si fece promotore della causa di canonizzazione.
L’inchiesta diocesana si concluse nel 1996, grazie al sostegno e all’incoraggiamento del cardinale Carlo Maria Martini, allora arcivescovo di Milano.
Elaborata la Positio, il 7 ottobre 2011, fu sottoposta prima all’esame della Commissione Teologica, e il 4 giugno 2013 a quello della Commissione di Cardinali e Vescovi della Congregazione delle Cause dei Santi.
Infine fu presentata a Papa Francesco, il quale il 5 luglio 2013 ha autorizzato la pubblicazione del decreto.
Il documento pontificio definì Lazzati “Venerabile”, titolo attribuito a quei Servi di Dio, di cui è stata riconosciuta l’eroicità delle virtù, che è la prima condizione richiesta dalla disciplina canonica per la beatificazione.
La seconda condizione è la constatazione di almeno un miracolo ottenuto per l’intercessione del Venerabile.
Personalmente mi auguro che presto ciò avvenga. Non tanto santo da altare, ma vero maestro e testimone soprattutto per le nuove generazioni di politici cattolici, affinché sappiano maturare in una fede incarnata e non si lascino corrompere dalle strategie del potere politico e del compromesso.
Teofilo