Amintore Fanfani, nato a Pieve S. Stefano in provincia di Arezzo il 6 febbraio 1908 si spense a Roma il 20 novembre 1999. I funerali si svolsero nella Basilica di S.Maria degli Angeli al cospetto delle massime Autorità dello Stato e di una grande folla che rendeva onore a uno dei più importanti protagonisti della politica italiana del secondo Novecento.
Quella folla avvertiva la profondità della perdita dell'ultimo "cavallo di razza" di un partito, la Democrazia Cristiana, che, in quel tempo, non esisteva più mentre continuavano a esistere i democratici cristiani. Forse qualcuno ricordava che quando si cominciò a parlare, nel marasma dell'antipolitica avviato da "mani pulite”, di cambiare nome alla D.C. Fanfani, per rispondere alla domanda di un giornalista, aveva scomodato la saggezza dei contadini della sua terra aretina: “A correr troppo si ruzzola e qualche volta ci si rompe la testa".
"Guai se il tuo sforzo fallisse!“ gli aveva scritto, poco prima di morire, Alcide De Gasperi in una lettera che apparve subito come un ideale passaggio di testimone al prescelto di una nuova generazione di politici di alto livello che, uniti ("Solo se saremo uniti saremo forti, solo se saremo forti saremo liberi") avrebbero proseguito nelle scelte di civiltà, atlantiche e europeiste, dell’Era degasperiana guidando gli straordinari processi di sviluppo economic, di trasformazione sociale e di partecipazione politica che interesseranno l'Italia nei decenni successivi.
Amintore Fanfani economista, pittore, docente universitario fu sei volte Presidente del Consiglio dei Ministri, titolare degli Esteri, degli Interni e di altri importanti Dicasteri, Segretario nazionale della Democrazia cristiana, attivissimo membro dell'Assemblea Costituente (sua è la formulazione del primo articolo della Costituzione "l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro").
Deputato nelle prime cinque legislature repubblicane e, successivamente, senatore eletto fino alla nomina a vita (1972) da parte del Presidente della repubblica Leone: per circa quindici anni Presidente del Senato nonché, negli anni 1965-1966,Presidente dell'Assemblea Generale dell'ONU.
Semplici titoli, tuttavia non esaustivi, di un "cursus honorum"e di responsabilità esercitate con grande rigore morale. saldi principi, indiscussa preparazione e un dinamismo eccezionale. Fanfani ebbe il privilegio di poter testare sul campo i risultati dei suoi studi accademici e delle sue riflessioni sulle teorie economiche nonché delle elaborazioni programmatiche frutto del dibattito sul Codice di Camaldoli e degli accesi confronti nella comunità del Porcellino (Dossetti, La Pira,Fanfani, Lazzati).
Sicché,applicati alla realtà con criteri lontani dal liberismo senza freni e dal collettivismo autoritario, gli schemi keynesiani, l'umanesimo integrale di Maritain, la dottrina sociale della Chiesa cattolica si chiamarono Piano INA-Case, Legge per la Montagna, Riforma agraria, Riforma della scuola, partecipazioni statali, nazionalizzazione dell'industria elettrica e così via. Il tutto impegnandosi in una politica internazionale di distensione e di pace attenta ai bisogni della povera gente e del terzo mondo.
Ettore Bernabei ha raccontato ("L'Italia del Miracolo e del Futuro"- 2012) che il Presidente Kennedy volle che Fanfani andasse a incontrarlo negli Stati Uniti. Al primo incontro gli disse: “Ho bisogno che Lei mi assista perché ho studiato economia nel suo testo "Capitalismo, protestantesimo e cattolicesimo”. Vorrei che le sue idee fossero applicate negli Stati Uniti e nei paesi in via di sviluppo".
Amato, stimato, temuto, contestato, da taluni maledetto, Fanfani andò incontro anche a cocenti sconfitte che, in politica, avrebbero demolito chiunque. Ma lui, dopo una pausa di ripensamento in cui si dedicava maggiormente alla sua adorata pittura e all'approfondimento delle sue ricerche sull'economia, non mancava di rialzarsi e tornare con il suo trascinante dinamismo nell'agone politico, tanto che il famoso giornalista Indro Montanelli lo aveva soprannominato "Rieccolo ".
Fanfani spiegava che qualche suo insuccesso dipendeva dalla sua capacità di anticipare i tempi, di prevedere gli accadimenti molto prima degli altri e dunque ,spesso, di non essere compreso. Ma in politica, concludeva amaramente, “avere ragione dopo dieci anni quando sei già morto e sepolto non serve! “Una considerazione di orgogliosa autostima accolta con perfida ironia dai suoi detrattori, allora vivaci nelle cronache quotidiane, ma di cui la storia ha perso le tracce.
Nel 1970, alla Conferenza di San Francisco per il XXV Anniversario della Fondazione dell’ONU, Fanfani denunciò i gravi danni che uno sconsiderato sfruttamento della natura stava arrecando all'umanità, invitando tutti i Paesi del mondo a adottare una comune strategia della sopravvivenza. Pochi lo compresero e molti considerarono stravaganze quelle che oggi descriverebbero come lungimiranza.
Oggi le ricerche degli studiosi sull'imponente archivio di Amintore Fanfani, depositato al Senato dalla Fondazione che reca il suo nome, ci restituiscono, senza le distorsioni della strumentalità politica, l'immagine della grande capacità di visione e lungimiranza dello Statista aretino.
In una pubblicazione uscita postuma (2014), curata da M.Poetinger, "Dall'Eden alla terza guerra mondiale”, basata su manoscritti (1991) frutto di decenni di studi, Fanfani si concentra sulle innovazioni tecnologiche della terza rivoluzione industriale intuendo l'approssimarsi di quel vertiginoso cambiamento epocale di cui oggi parla Papa Francesco. Percepisce i rischi manipolatori dell'evoluzione informatica (oggi intelligenza artificiale) e l'inadeguatezza delle istituzioni a farvi fronte con la stessa velocità.
Di qui il messaggio, quasi un testamento, rivolto specialmente ai giovani a riappropriarsi della responsabilità del progresso economico e della pace di tutta l'umanità nella convinzione scriveva Fanfani nel 1991, che se non si opera per una strategia della pace e della sopravvivenza in un mondo nuclearizzato si rischia una sfida missilistica. apocalittica.
Hubert Corsi