
IL POPOLO
Fondato nel 1923 da Giuseppe Donati

Guardando al Colle più alto, la situazione appare alquanto agitata e confusa, tra il centro destra in progressiva fibrillazione, dopo che il tentativo del Cavaliere sembra ormai considerato da Salvini superabile/to e la sinistra che rimane ferma in un surplace impotente. La fragile situazione economico sociale di un Paese sfibrato da una crisi pandemica ben lungi dal potersi considerare finita, suggerirebbe di tener in debita considerazione il motto: quieta non movere et mota quietare. Il bis di Mattarella e la continuazione del governo delle larghe intese, con i possibili aggiustamenti, è ciò che serve. E’ la soluzione più semplice che richiede un suggeritore autorevole come il capo del governo.
Gianfranco Rotondi nel suo libro uscito da poco "La Variante DC: storia di un partito che non c'è più e di uno che non c'è ancora", sostiene che la Dc, pur essendo finita al cimitero potrebbe risorgere. Fabrizio Ronconi dalle colonne del quotidiano Libero dà conto delle teorie di Rotondi definendolo “l'unico DC rimasto in vita o per lo meno operativo, anche se in altra formazione politica”. Il 3 gennaio scorso Vittorio Feltri è tornato con un editoriale sul volume di Rotondi sentenziando che “la resurrezione salvifica della Dc è una ipotesi a cui non credono neanche i reduci irriducibili della ex gloriosa fazione cattolica”. Alberto Alessi replica a Ronconi con la seguente lettera, in cui sostiene, tra l'altro che "La DC, non è "un" partito del popolo, ma "il" partito del popolo. E che "Rotondi non è l'ultimo DC, ma che in Italia ve ne sono tanti, e molti sono usciti dalle loro tane e collaborano per cercare nuovi soci".
Il Parlamento in seduta comune dei suoi membri e dei delegati delle regioni per l’elezione del 13° Presidente della Repubblica è già stato convocato per il 24 gennaio alle ore 15 a norma degli artt. 83 e 85 della Costituzione. I pronostici dei politologi indicano concordemente Mario Draghi come il più probabile successore di Sergio Mattarella. Si sostiene che l’elezione di Draghi costituirebbe un elemento indispensabile di garanzia per il rispetto degli impegni che l’Italia ha assunto nei confronti dell’Unione Europea. La tesi presenta a sommesso parere di chi scrive, non pochi problemi.
Nella crisi di sistema dell’Italia e con la scomparsa delle culture politiche che furono alla base del patto costituzionale, l’assenza di un centro capace di rappresentare gli interessi e i valori del terzo stato produttivo e delle classi popolari, alimenta la renitenza al voto. Un’astensione elettorale aggravata dalla presenza di una classe dirigente sempre più lontana dalle attese dei cittadini. In questo quadro, tuttavia, permangono intatti gli ideali del popolarismo sturziano e degasperiano, così come s’impongono gli orientamenti indicati dalle encicliche degli ultimi Papi
Tutti alla ricerca del miglior allineamento come i fantini con i loro cavalli al palio di Siena. Qui non si tratta di fantini assoldati dalla propria contrada e disponibili alla compravendita fedifraga del miglior offerente, ma di diversi “conducator” alla ricerca delle possibili alleanze pre elettorali. La “giostra”, iniziata con l’incontro dell’on. Gianfranco Rotondi con il suo “Verde è popolare”, è continuata con l’assemblea nazionale di Noi Di Centro, dell’on. Clemente Mastella.
Continua, con crescente interesse, l’attenzione attorno alla ripresa dell’iniziativa politica da parte dei cattolici. Tante si contano le riflessioni sulle prospettive reali o velleitarie di un nuovo centro politico, assai attente a cogliere i multiformi aspetti di un processo politico che sta agitando l’azione di diversi partiti e partitini nella illusione che quella collocazione possa assicurar loro un nuovo passaporto politico per quell’elettorato che da tempo sta alla finestra. In ciascuno di questi commentatori si colgono diffusi elementi di perplessità sulla reale praticabilità di questa operazione, anche per le motivazioni che sembrano sorreggere tali progetti.
Sono aperte le prove di formazione del nuovo centro della politica italiana. Considero positivamente ogni iniziativa finalizzata al superamento della diaspora DC che ha caratterizzato i quasi trent’anni che ci separano dalla fine politica della Democrazia Cristiana (1993), sia che intenda rilanciare politicamente il partito “mai giuridicamente sciolto”, sia e ancor di più, se intende allargare l’area di centro che considero essenziale per il sistema politico italiano.
Sono iniziate le manovre che precedono l’elezione del capo dello Stato. Le votazioni in Parlamento hanno visto il venir meno della maggioranza di governo. Passaggio decisivo sarà la decisione sulla legge elettorale, tenendo presente che, tanto nel caso in cui si conservi il “rosatellum” maggioritario, quanto e a maggior ragione, si scelga quello proporzionale con sbarramento, una forza di centro ampia come quella indicata sarà indispensabile per mettere in sicurezza il sistema democratico del Paese. Serve che qualcuno si assuma credibilmente il compito di avviare il progetto in tempi certi e brevi con la speranza che, alla chiamata, rispondano positivamente i tanti democratici oggi sparsi tra la disaffezione e/o il disimpegno, sapendo che è giunto il tempo in cui possa partire una rinnovata componente politica centrale dello schieramento nazionale.
Come nei tempi più importanti della storia politica nazionale ed europea, anche nell’età della globalizzazione, spetta ai cattolici il dovere di impegnarsi in politica per tradurre nella città dell’uomo gli orientamenti pastorali indicati dalla dottrina sociale della Chiesa, così come espressi nelle ultime encicliche sociali: dalla “Centesimus Annus” del Papa San Giovanni Paolo II, “Caritas in veritate” di Papa Benedetto XVI, e di Papa Francesco: “Laudato SI” e “Fratelli Tutti”. Se la “Rerum Novarum” fu la pietra miliare dell’impegno politico dei cattolici, quale risposta alla questione sociale posta dalla prima rivoluzione industriale, le ultime encicliche sono quelle che hanno affrontato in maniera più rigorosa i temi posti dalla globalizzazione e ai drammatici problemi delle crisi energetica e ambientale del nostro tempo.
Perché una legge proporzionale pura? Perché è l’unica forma di elezione prevista e prescritta dalla Costituzione Italiana, secondo la quale vi è un solo sistema elettorale: il proporzionale puro (senza sbarramenti e senza premi di maggioranza). Con questo sistema ogni elettore ottiene che il suo voto sia “uguale” a quello degli altri “in entrata” ossia quando vota, e anche “in uscita” ossia nel risultato delle assegnazioni dei seggi. Quindi ogni elettore sarà rappresentato nei seggi del Parlamento in proporzione esatta al numero di voti ottenuti dalla lista per cui egli ha votato.